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Cronaca

Marche, il clan della droga: nella concessionaria pestaggi ed estorsioni

La concessionaria era non solo teatro di reati minori, connessi a truffe e ricettazioni di auto o parti di esse. Ma anche vero e proprio quartier generale dove poter regolare conti in sospeso senza destare sospetti

Chi non pagava quanto dovuto o non eseguiva gli ordini come indicato, veniva sequestrato, picchiato e, in alcuni casi, costretto a consegnare beni personali come sconto dello sgarro. E, guarda caso, di mezzo c’erano sempre automobili. Infatti tutti gli affari ruotavano intorno alla concessionaria Delsa Srl di Porto Recanati, proprietà della banda dedita al traffico di droga, nata sulle ceneri del clan Schiavi e colpita mercoledì da 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere e un fermo di polizia giudiziaria. Tra gli arrestati dei Carabinieri del Ros di Ancona ci sono anche il 35enne di Catanzaro S. R. P. e il 41enne di Corinaldo A. P. Erano loro i vertici della banda, loro i titolari e amministratori della concessionaria d’auto, loro ad averla acquistata per riciclare centinaia di migliaia di euro di denaro sporco, frutto di anni di spaccio di cocaina e hashish. Ed era negli uffici del salone auto che venivano affrontati tutti i problemi della banda. Come quando la concessionaria stava ritardando la consegna di alcune auto. Su tutte una BMWX5 per un cliente di Roma. Era il 3 marzo del 2015 quando S. R. P. convocò il suo dipendente addetto alle consegna nel suo ufficio, intimandogli di chiamare il collega per capire se fosse a Roma. Quest’ultimo sostenne di sì, ma il calabrese non gli credette e, dopo aver chiamato altri due membri della banda, costrinse il dipendente in ufficio su una sedia e cominciò a picchiarlo con un bastone. Una violenza inaudita, ascoltata con terrore dall’altro dipendente ancora collegato via telefono. Un pestaggio punitivo per il primo e minatorio per il secondo che, implicitamente, aveva capito come lui sarebbe stato il prossimo se non avesse subito consegnato quella BMW insieme alle altre auto. Alla fine il dipendente pestato riuscì a divincolarsi, sfondando la porta dell’ufficio chiusa chiusa a chiave, con la forza dell'adrnalina e della paura, fuggendo nel cortile dello spiazzale, nonostante fosse inseguito da quelli della gang. Un’esperienza traumatica, dalla quale uscì con una prognosi di più di 20 giorni. 

Ma c’era anche chi non pagava, come un uomo che doveva alla banda 7mila euro. Le prime avvisaglie di ritorsioni arrivarono nel febbraio 2014. Per settimane i capi clan avevano fatto capire al debitore che doveva pagare. Poi sono saltati i nervi. Sempre lui, S. R. P., accompagnato da altri, si diresse a casa del debitore. Volarono schiaffi e minacce, che costrinsero la vittima a presentarsi il giorno dopo alla concessionaria e consegnare la sua Citroen C2. Ma dopo altri giorni la banda cambiò idea e decise di farsi consegnare l’altra auto della vittima: una Audi TT. Così M. C. 43 anni di Loreto e l'anconetano A. P. si recarono a casa della vittima per poi tornare alla Delsa Srl con l’Audi. Non solo perché sotto minaccia, nel giro di poche ore, la vittima fu costretta a firmare tutte le carte per il passaggio di proprietà della sua Audi a favore del leader del gruppo, appunto S. R. P.

Una concessionaria dunque che non solo era teatro di reati minori, connessi a truffe e ricettazioni di auto o parti di esse. Ma anche vero e proprio quartier generale dove poter regolare conti in sospeso senza destare sospetti. Ma gli investigatori del Ros avevano già le idee chiare e sapevano quanto stesse accadendo in quegli uffici, mentre proseguiva l'attività di indagine che poi avrebbe portato ai blitz di pochi giorni fa. 

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