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Cronaca

Lavoro e occupazione nelle Marche, dati e proposte della Cisl per superare la crisi

I dati sull'andamento occupazionale nelle Marche, che pagano dazio sul lavoro femminile e sugli autonomi. Numeri e proposte dela Cisl

«Il mercato del lavoro marchigiano ha nel lavoro femminile e in quello giovanile due annose aree di criticità, acuite nel corso dell’annus horribilis che abbiamo alle spalle. Il calo dell’occupazione femminile rispetto al 2019 (-3%) e l’aumento, pari al 15,9%, dei Neet (giovani 15-34 anni che non sono coinvolti né in esperienze di studio, né di lavoro), si accompagnano a una flessione dell’occupazione tra i lavoratori autonomi (-8,2%) dato che rappresenta uno degli elementi più significativi della perdita di specificità del modello occupazionale marchigiano che, fino a qualche anno fa, aveva quel tipo di attività ben al di sopra della media nazionale» . I dati sono stati diffusi da Cisl Marche insieme alle proposte del sindacato per uscire dalla crisi. «L’incremento degli inattivi (+16˙762) ed il crollo della forza lavoro (-24˙763) sono altri dati salienti del confronto tra 2020 e 2019, ma è il confronto tra 2020 e 2008 - anno che segnò l’inizio della crisi economica “tradizionale” e che ha preceduto quelle indotte da “sisma” ed emergenza Covid-19 – ad offrire altre chiavi di lettura per interpretare i profondi mutamenti del lavoro nelle Marche. Rispetto al 2008, lo scorso anno si sono registrati 30˙420 occupati in meno: di questi, 20˙846 erano autonomi e sorprendentemente il 77.56% delle 30˙420 unità complessive erano uomini- prosegue l anota- Nel 2020 infatti, rispetto a 12 anni prima, c’erano al lavoro 23˙594 uomini in meno (-6.3%). Anche le donne occupate in questo lasso di tempo sono calate (-6.825), ma meno consistentemente (-2.4%). Il divario di genere, seppur ridotto nei 12 anni considerati, però rimane consistente sia valutando il tasso di attività che quello di occupazione. Per le donne nelle Marche si registra infatti rispetto agli uomini un -14.8% nel primo caso e un -15.5% nel secondo. Ma è anche la struttura occupazionale ad essere cambiata in profondità. Nel 2020 vi sono stati -45˙322 occupati a tempo pieno, +14˙902 part-time e +17˙720 disoccupati rispetto al 2008. Si registra inoltre un netto calo delle imprese attive (-14.502). Le diminuzioni di assoluto rilievo si registrano in agricoltura (-8˙582), costruzioni (-4˙233), commercio (-3˙946) ed attività manifatturiere (-3˙079). In un mercato del lavoro che invecchia, la situazione relativa ai giovani conferma tutta la propria drammaticità: tra 2008 e 2020 il tasso di attività 18-29 anni è calato del 8.7% (-10.3% gli uomini e -7.4% le donne); quello di occupazione del 13.2%; (rispettivamente 14.3% e 12.8%). Nel contempo è salito quello di disoccupazione (+10.5%) e quello di inattività (+8.7%). Con un altro elemento significativo che emerge: le donne mostrano più costanza nella ricerca di lavoro. Ma perché il mercato del lavoro nelle Marche ha nelle questioni giovanile e femminile le “storiche” aree di criticità? Ciò dipende dalla struttura del sistema produttivo, incentrato su micro e piccole aziende operanti in settori maturi, che non trovano più nei distretti tradizionali il fattore territoriale competitivo; e su un sistema dei servizi meno sviluppato nelle professioni più avanzate. La progressiva perdita di settori a prevalente forza lavoro femminile ha comportato nel tempo una forte differenziazione di genere: nel 2019 il 35% dell’occupazione totale maschile era impegnato nella manifattura, contro il 20% di quella delle donne. La restante quota di occupazione femminile è pressoché totalmente impegnata nei servizi (il 77,3% contro il 51,3% dei maschi). Le criticità della struttura economico-produttiva della regione trova ulteriore conferma dal tasso di occupazione per titolo di studio. il tasso di quanti hanno la licenza media ed il diploma diminuisce in tutti gli anni. Si registra al contempo il mancato aumento del tasso dei laureati, che peraltro nelle Marche rimane al di sotto dell’Emilia Romagna (-4,9%) e del Centro (-0,9). La difficoltà di assorbimento della forza lavoro qualificata è esemplificata dal tasso di occupati sovra istruiti rispetto titolo di studio maggiormente posseduto per svolgere quella determinata professione; fenomeno che colpisce soprattutto la quota femminile. Una fetta consistente di laureati marchigiani preferisce cercare lavoro in altre regioni, determinando così una perdita netta di forza lavoro altamente qualificata. Il quadro generale sul mercato del lavoro nelle Marche non può non avere effetti anche sulle retribuzioni. Prendendo a riferimento la retribuzione media annua dei lavoratori dipendenti nel 2018 (pari a 19.177 euro), lo scarto in negativo tra le Marche e l’Emilia Romagna è di € 4.300 e con l’Italia di € 2.464. Particolarmente accentuate sono poi le differenze di genere delle retribuzioni medie: rispetto alle media regionale, i dipendenti maschi percepiscono mediamente € 3.140 in più (17,1%), mentre le dipendenti femmine € 3.939 in meno (-21,1)».

«Il quadro rende ancora più determinanti le scelte relative alle politiche attive del lavoro e alle politiche dell’istruzione e della formazione da mettere in atto in maniera integrata e coerente con la visione di sviluppo per la nostra regione- prosegue la nota- Riteniamo che le politiche per la formazione, in particolare, siano centrali nell’era dell’innovazione tecnologica. L’apprendimento permanente, il consolidamento e l’acquisizione delle competenze tecnologiche, sociali e cooperative, la lotta alle disuguaglianze causate dalla dispersione scolastica e dalla povertà educativa, devono essere i cardini di un nuovo paradigma del lavoro di qualità e dello sviluppo socialmente sostenibile.  In quest’ottica diventa centrale l’orientamento dei giovani e degli adulti nelle transizioni tra scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado, tra scuola e lavoro, tra lavoro e lavoro, con una particolare attenzione alle nuove vulnerabilità sociali e lavorative. Un sistema efficace di orientamento può rivelarsi decisivo anche per il potenziamento dei percorsi di studio relativi alle STEM, cioè alle discipline scientifico-tecnologiche, fondamentali per lo sviluppo e l’innovazione produttiva, a cui accede un numero ancora troppo esiguo di studenti, in particolare di studentesse, marchigiani. Una strada da percorrere con convinzione poiché contribuisce a combattere il fenomeno dei Neet e a colmare il divario di genere. Riteniamo di capitale importanza qualificare e incentivare le esperienze di Alternanza Scuola Lavoro, potenziare e arricchire l’offerta dell’istruzione e formazione tecnica superiore (ITS e IFTS), dell’istruzione e formazione professionale, della formazione permanente e della formazione continua per i lavoratori e valorizzare l’apprendistato nei suoi tre livelli.  Le politiche del lavoro oggi nel nostro territorio devono essere più che mai connesse e integrate alle politiche di welfare. Indicatore essenziale è anche l’armonizzazione del rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro ottenuta attraverso l’innovazione dei processi organizzativi aziendali e l’integrazione tra welfare territoriale e welfare contrattuale aziendale, favorendo la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Nella società complessa il tema della conciliazione è centrale per la vita delle persone; occorre affrontarlo non solo in termini di strumenti di conciliazione ma cambiando il concetto stesso di conciliazione, non più prerogativa esclusiva per le donne. Questo tempo ci ha mostrato come possano incidere nel rapporto tra tempi di vita e tempi di lavoro anche le innovazioni tecnologiche e quale possa essere il loro impatto in termini di organizzazione del lavoro. Pensiamo solo alla diffusione del lavoro agile e alla necessità, affinché sia efficace ed efficiente in termini di qualità e di produttività, di investire non solo sulla strumentazione ma soprattutto sulla formazione di nuove competenze e di una cultura organizzativa del lavoro per obiettivi, nella consapevolezza dell’importanza centrale delle relazioni che vanno oltremodo curate per non amplificare solitudini e nuove forme di ghettizzazione lavorativa».

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