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Cronaca

Un esposto anonimo mise in guardia tre anni prima sulla strage della Lanterna Azzurra: «Solo una disgrazia potrà fermare questa illegalità»

Sentite in aula le testimonianze di due ex amministratori della società che gestiva la discoteca di Corinaldo. «Tutti sapevano che il limite della capienza sarebbe stato superato ma era un evento che avrebbe rimesso in piedi la società»

ANCONA – La società che non navigava in buone acque e quindi doveva fare numero in discoteca, anche se questo significava sovraffollamento e poi la commissione di vigilanza, che al sopralluogo propedeutico a rilasciare la licenza nel 2017, per far riaprire la Lanterna Azzurra, non avrebbe avuto nulla da eccepire sull'uscita numero 3 e sulle balaustre che anche ad occhio nudo si vedeva che erano malandate. Continuano ad emergere dal processo bis sulla strage di Corinaldo i punti centrali che per la pubblica accusa hanno poi causato i tragici eventi della notte tra il 7 e l'8 dicembre del 2018, quando sono morti cinque minorenni e una mamma di 39 anni. In aula, al tribunale di Ancona, sono stati sentiti oggi due ex amministratori della società Magic Srl che gestiva la discoteca di Corinaldo. «Io ero solo un prestanome e la commissione di vigilanza non riscontrò irregolarità alla rampa e alle balaustre». Lo ha detto Francesco Bartozzi, 33 anni, che per i fatti di Corinaldo ha già definito la sua posizione patteggiando a 2 anni e 8 mesi. Lui è sttao amministratore unico fino alla notte della tragedia. I pm Paolo Gubinelli e Valentina Bavai lo hanno chiamato a riferire sulla capienza del locale e sul sopralluogo della commissione di vigilanza fatto il 12 ottobre del 2017, prima del rilascio della licenza per pubblico spettacolo.

 Proprio sul sovraffollamento della discoteca Bartozzi ha detto «tutti sapevano che la capienza era un problema e che il limite sarebbe stato superato – nella serata di Sfera Ebbasta, quella dei morti – ma era un evento che avrebbe rimesso in piedi la società che non se la stava passando bene». Poi si è definito un amministratore «solo sulla carta» a cui la società dava un compenso a serata e «un prestanome» che non ha mai firmato nemmeno i contratti con gli artisti, Sfera compreso, perché «era Carlantonio Capone (socio Magic, ndr) che lo faceva usando la foto di una mia firma». Davanti alla giudcie Francesca Pizii è stato sentito anche l'amministratore unico della Magic in carica negli anni precedenti alla strage, 2014-2015, Lorenzo Sgreccia, interpellato su due episodi in cui fu sospesa l'attività della discoteca: uno per mancato rispetto norme antincendio e l'altro, a gennaio 2015, da un intervento della questura a seguito di un esposto anonimo che era arrivato per denunciare la sistematica violazione della capienza, l'alcol somministrato a minorenni e continue risse. «Intervenite – esortava l'esposto anonimo - solo una disgrazia potrà fermare questa illegalità, chi ne risponderà?». Una premonizione tre anni prima dell'evento che poi si è verificato.

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