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Cronaca Osimo

Ucciso dal rimorchio di un tir, la compagna di Huub Pistoor presenta il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo

Gioia Bucarelli da oltre tre anni non smette di cercare giustizia. Il ricorso è stato spedito il 22 giugno

OSIMO - Gioia Bucarelli, la compagna di Huub Pistoor, osimano travolto e ucciso tra Polverigi e Auggliano nel 2019 da un rimorchio che si era staccato dalla motrice di un camion colpendo la sua auto, da oltre tre anni chiede giustizia.

Il ricorso alla Cedu, Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, è stato spedito ieri, 22 luglio. «Nel caso di Huub lo Stato italiano è stato inadempiente sotto due profili: sostanziale e procedurale. Non ha saputo garantire un sistema efficiente riguardo alle revisioni del rimorchio e dell’autocarro e non ha saputo garantire giustizia – dice Bucarelli -. Per tre anni io e la figlia Anna abbiamo chiesto che fossero accertate tutte le cause e le responsabilità presentando per due volte opposizione alla richiesta di archiviazione ma è stata negata la celebrazione di un processo. Nella seconda ordinanza di archiviazione, palesemente contraddittoria, si legge che l’evento mortale è derivato dalla vetustà e dalla inadeguata manutenzione dei mezzi, che vi è una colpa dei proprietari per la mancata corretta manutenzione dei mezzi e per aver fatto circolare un veicolo che era evidentemente pericoloso e inidoneo alla circolazione stradale ma, al tempo stesso, si ritiene superflua la celebrazione di un processo, senza una vera motivazione». Prosegue: «Attendiamo con fiducia perché si tratta di un tema di interesse pubblico, che riguarda la salute e la vita di tutti i cittadini. Le più importanti riforme degli ultimi anni derivano da sentenze della Corte di Strasburgo, sarebbe davvero motivo di conforto e speranza l’attenzione per le morti sul lavoro e sulla strada, da noi più numerose che in altri Paesi europei e spesso trattate con superficialità. Quando ci sono vittime dovute all’incuria, alla negligenza altrui, al mancato rispetto di regole fondamentali, le istituzioni preposte dovrebbero sentire il dovere di accertare tutte le cause e le responsabilità. In questo caso si è scelto di concentrare l’attenzione solo sul conducente, l’ultimo anello della catena. È stato negato un processo e così anche il diritto alla Giustizia. Speriamo che la Corte europea possa sanare questa ingiustizia e affermare il principio di civiltà che ogni vittima merita rispetto, verità e giustizia».

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