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Incidenti stradali

Ha investito e ucciso due donne, Renelli al giudice: «Voglio incontrare le famiglie»

Tragedia di Senigallia, convalidato l'arresto del 47enne che in tribunale è scoppiato in lacrime: «Non mi do pace, le ho ammazzate io». Gli abbaglianti di un'auto l'avrebbero accecato

«Non sarei dovuto andare in discoteca, a me quei posti non piacciono... Se non fossi entrato, quelle due ragazze sarebbero ancora vive». Non si dà pace Massimo Renelli. ll camionista di 47 anni che, ubriaco, ha investito e ucciso Sonia Farris ed Elisa Rondina nel tragico incidente dell’Epifania a Senigallia, all’uscita dalla discoteca Megà, è scoppiato in lacrime questa mattina in tribunale, durante l’interrogatorio. Il giudice Sonia Piermartini ha convalidato l’arresto per omicidio stradale plurimo aggravato, ma non ha ancora deciso in merito alla richiesta della misura cautelare degli arresti domiciliari, avanza dal pm Ruggiero Di Cuonzo, giustificata, secondo la procura, dal pericolo di reiterazione del reato, alla luce anche della rilevanza sociale del fatto. La difesa, rappresentata dagli avvocati Marusca Rossetti e Tommaso Rossi, si sono opposti alla msura, sostenendo che la reiterazione del reato è impossibile, data la sospensione della patente. La decisione è attesa in giornata.

In ogni caso, la 76enne madre di Renelli si è resa disponibile a prendere in carico il figlio con cui convive già, dopo la fine della relazione con l’ex compagna. L’autotrasportatore era stato a cena con lei e i due figli, in quella maledetta sera della Befana, e aveva accettato l’invito della donna a raggiungerlo al Megà. Lui ci ha pensato a lungo, poi ha accettato: ha preso la macchina e l’ha raggiunta. Ha trascorso la serata con lei e un’amica, poi con altri conoscenti. «Ho bevuto due o tre drink, poi intorno alle 4 sono uscito: ero tranquillo, convinto di essere lucido e poter guidare per 5-6 chilometri fino a casa». E invece, neanche a metà del percorso, è successa la tragedia. La Fiat Grande Punto di Renelli ha travolto Sonia ed Elisa che erano uscite poco prima dalla discoteca e stavano tornando a piedi alla loro auto. Avevano appena attraversato la provinciale Arceviese quando sono state falciate, sbattute contro il guardrail e poi catapultate in un campo, a metri di distanza.

«Era molto buio, andavo a non più di 60 all’ora, rispettando i limiti di velocità: un’auto che veniva dalla direzione opposta aveva gli abbaglianti accesi, non riuscivo a vedere bene, ero come accecato. Quando li ha abbassati, ho sentito il botto, non capivo cosa fosse successo. Mi sono fermato nel primo spiazzo disponibile e ho chiamato i soccorsi». Poi ha telefonato anche all’ex compagna. Insieme si sono ritrovati nel punto dell’incidente, dov’è arrivata la polizia con il 118 e i vigili del fuoco. E insieme hanno collaborato alla ricerca delle povere vittime. L’immagine dei corpi straziati delle due amiche fanesi è ancora presente negli occhi di Renelli: «Continuo a vederle qui davanti a me, non riesco a pensare ad altro», ha riferito in aula il 47enne, in lacrime. E’ così prostrato che i suoi legali gli hanno consigliato di trascorrere le prime due notti nella cella di sicurezza della questura: il timore è che, così sconvolto e moralmente devastato, possa lasciarsi andare a reazioni imprevedibili. «In lui si è aperto un abisso», dicono gli avvocati. Al termine della deposizione, l’uomo si è sfogato con il gip: «Sono consapevole di quello che è successo, ho ucciso due persone, non mi do pace, voglio chiedere scusa e pagare per quello che ho fatto». Poi è scoppiato in lacrime e ha chiesto ai suoi legali di poter entrare in contatto con le famiglie delle vittime. 


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