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Cronaca Baraccola / Via Giuseppe di Vittorio

Fuga di monossido in casa, muore l'ingegner Federico Volponi: villetta sequestrata

Il pm della Procura di Ancona Paolo Gubinelli ha disposto anche l'autopsia sul corpo del giovane professionista di Ancona, mentre Carabinieri e Vigili del Fuoco indagano per capire che cosa sia andato storto in quella casa

E’ una tragedia quella accaduta stamattina in una villetta tra i quartieri Candia e Baraccola, dove le esalazioni di monossido di carbonio hanno ucciso Federico Volponi, ingegnere elettronico di 38 anni e il suo pastore maremmano di nome Belle. Sopravvissuta per miracolo la moglie di 35 anni Valeria Contegiacomo, medico specializzando all’ultimo anno di Igiene, gravemente intossicata e trasferita all’ospedale di Fano per sottoporsi alle terapie della camera iperbarica. Non ci sono dubbi sul fatto che si sia trattato di una tragica fatalità. Ma i Carabinieri della stazione di Brecce Bianche indagano per cercare di capire che cosa possa aver provocato la perdita di monossido di carbonio. L'ipotesi più accreditata è che il gas velenoso sia stato sprigionato dall'unica stufa a pellet presente in casa. Alla Procura di Ancona, il pm Paolo Gubinelli ha già aperto un fascicolo contro ignoti, disponendo l’autopsia sul corpo del ragazzo e il sequestro della villetta di via Di Vittorio. La stessa casa progettata e realizzata proprio da Federico Volponi. 

FUGA DI MONOSSIDO DI CARBONIO IN CASA

A dare l’allarme è stato il padre di lei, lo psichiatra Nicola Contegiacomo, che stamattina aveva appuntamento con la figlia per fare la revisione all’auto. Dopo aver atteso una mezz’ora alla concessionaria e aver tentato di telefonare sia a lei che al genero, si è recato a casa dei ragazzi. Al campanello nessuna risposta. E quando ha visto che in strada c’erano le auto sia di Federico che di Valeria, ha capito che c’era qualcosa che non andava. Anche perché a quell'ora, Federico avrebbe già dovuto essere in ufficio, alle Ferrovie dello Stato, dove lui lavorava come dirigente. Il papà di Valeria ha così scavalcato il cancello ed è arrivato all’ingresso sbattendo i pugni sulla porta. Dopo poco gli ha aperto la figlia in stato confusionale. E’ stato quello il momento in cui gli si è parata davanti una scena agghiacciante: il genero era a terra, davanti al divano. A pochi metri, vicino alla cucina, c’era il cane, anche lui esanime. Erano le 9:30 circa quando lo psichiatra anconetano ha portato in salvo la figlia, all’esterno della casa, per poi dare l’allarme al 118. Sul posto sono arrivati il medico e i volontari della Croce Rossa di Ancona. Il primo ha effettuato una serie di controlli sul 38enne, dopo i quali ha dovuto constatare il decesso. L’equipaggio della Cri si è preso cura della ragazza, coprendola con delle coperte e somministrandole ossigeno ad alti flussi. Poi la corsa a Fano, per andare in camera iperbarica. Ora la giovane sarebbe fuori pericolo.

Ma che cosa è successo in quella casa? Di certo c’è stata una fuga di monossido di carbonio, accertata dai tecnici dei Vigili del Fuoco di Ancona. Gas presumibilmente emesso dall’unica stufa della villetta, cioè quella a pellet, che si trova in una sorta di mansarda al piano superiore e che integra la diffusione del calore proveniente dai pannelli fotovoltaici e che arriva al pavimento. Ma solo nuovi accertamenti scientifici potranno accertare un eventuale guasto. Fatto sta che in tarda serata i coniugi sarebbero stati sorpresi dalla fuga del monossido mentre erano sul divano, dove dopo cena, probabilmente, si erano messi a vedere la televisione.

FEDERICO E VALERIA

Dopo la tragedia, sotto la villetta si sono poi radunati diversi familiari della coppia. Tra i primi ad arrivare la madre di Valeria Maria Teresa, già colpita da una tragedia il 9 ottobre 2005 quando l’altra figlia Cinzia morì a 13 anni travolta da un Suv lungo corso Garibaldi, il cui conducente era stato colpito da un infarto. «Stavano insieme da 20anni. Stavano sempre insieme. Inseparabili. Si sono conosciuti a 16anni, si erano sposati e in questa casa ci abitavano da qualche mese. Lui era una persona splendida, era buono, sapeva fare tutto, dalla pizza ai muri della casa. Un santo. Io non penso di aver mai conosciuto una persona così e la casa l’aveva fatta lui almeno per metà». «Sono arrivato dopo la telefonata di mio consuocero - ha raccontato Alberto Volponi - Questa casa l’aveva fatta lui, vivevano qui da mesi». E in merito ai sospetti su quella stufa, l'uomo ha raccontato: «Era una normalissima stufa a pellet, che serviva per il riscaldamento della casa. L’avevamo installata insieme. Ieri erano venuti a trovarci e poi erano tornati a casa». 

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