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Cronaca

Focus immigrazione, Emmanuele Pavolini: «La 1° generazione in fuga dall'Italia»

La crisi economica, unita all'assenza di politiche strutturali per l'immigrazione, avrebbe portato ad uno sfaldamento per cui le masse di immigrati in arrivo restano ai margini e quella che sono arrivate nei decenni passi e si sono perfettamente integrate se ne stanno andando

Che Ancona sia sempre stata porta d’ingresso per i flussi migratori provenienti dal Medio Oriente è cosa nota. Ma come è cambiato il fenomeno negli ultimi anni? Secondo gli esperti, Ancona e le Marche sarebbero nel pieno di una virata quasi totale. Dal boom del 2008 e 2009, si sarebbe passati ad un sempre minore flusso lungo il canale Adriatico, fino addirittura ad un’inversione di rotta. Colpa della crisi economica che, unita all'assenza di politiche strutturali per l'immigrazione, avrebbe portato ad uno sfaldamento per cui le masse di immigrati in arrivo restano ai margini e quella che sono arrivate nei decenni passi e si sono perfettamente integrate se ne stanno andando

A confermarlo c’è anche il professore di sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università di Macerata Emmanuele Pavolini: «Sono 2 gli elementi di trasformazione più importanti che riguardano l’immigrazione irregolare - spiega l’accademico -  Il primo è che Ancona continua ad essere un porto in cui arrivano migranti irregolari, per cui da una parte si vede come questa rotta sia diminuita rispetto al passato, dall’altra Ancona ormai non è più meta finale ma solo ed esclusivamente luogo di transito. Il secondo cambiamento che si registra ormai da anni è che le famiglie di immigrati arrivate anni fa, e che nel frattempo si sono costruite una vita quì o hanno fatto venire parenti dalla patria, stanno cambiando atteggiamento: tornando indietro, si spostano verso il Nord Europa o, in alternativa, rispediscono i figli nel paese di origine o all’estero e questo lo stanno facendo soprattutto le famiglie nord africane».

Dunque stando a quanto asserito dal docente universitario, il processo di melting pot italiano si sarebbe non solo fermato, ma starebbe anche regredendo. «Checché se ne dica - prosegue Pavolini -  I numeri continuano a rallentare perché la crisi economica ha colpito più che proporzionalmente gli stranieri, dalla piccola e media cantieristica anconetana al lavoro manifatturiero». Quindi colpa della crisi? Ovviamente. A fonte di quella parte di stranieri che vive ai limiti della legalità, ci sono le migliaia di extracomunitari arrivati negli ultimi 20 anni che, dopo essersi integrati e consolidati nel tessuto socio-lavorativo italiano, si vedono costretti ad andarsene. Una sconfitta per il nostro paese. «Ormai la crisi ha reso l’Italia e le Marche poco appetibili. Indipendentemente da fatto che si parli del singolo rifugiato o della famiglia arrivata quì anni fa, si tende ad andare verso Nord. Dunque il primo passo è cercare posto altrove agganciando parenti ed amici» rimarca Pavolini, confermando anche quanto le reti etniche e il capitale sociale restino un elemento imprescindibile per la vitalità dei flussi migratori. 

Dunque la crisi economica ad Ancona e nelle Marche “picchia duro” le fasce più deboli, rappresentate dagli immigrati più integrati e inseriti nella comunità locale. Ma è anche plausibile che alcuni di questi possano anche andare ad ingrossare le fila dei clandestini, o peggio di chi delinque? «E’ una stretta minoranza di questi. Pur essendo in crisi, hanno comunque troppo da perdere e basterebbe che si sporchino una sola volta la fedina penale per perdere tutto. No, non è razionale».

Certo, l’idea che la crisi possa aver intaccato così pesantemente la popolazione immigrata anconetana e marchigiana pone anche il dubbio su quanto abbia pesato il quadro normativo in tutto questo. «Ma l’Italia non ha mai avuto una politica per l’immigrazione - conclude il sociologo - E’ sempre andata avanti sperando che tutto andasse bene ma non è andata così. C’ è sempre stata poca attenzione in termini di politiche per l’immigrazione che, si badi bene, significa anche in termini di barriere, Dunque finchè il quadro economico ha retto, non ci sono stati problemi per un’immigrazione fai da te. E adesso la paghiamo. Anche la Caritas, che fino ad oggi si occupata di ciò che lo Stato non è mai riuscito a creare, oggi si ritrova ad affrontare una mole di lavoro critica».

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