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Cronaca

De Cristofaro alla Polizia: «Complimenti». Ora si indaga sui presunti complici

Possibile che nessuno lo avesse aiutato? «Ci sono un paio di persone da iscrivere nel registro degli indagati che ne hanno favorito la latitanza» ha confermato il capo della Squadra Mobile dorica Virgilio Russo

Quando è stato arrestato, aveva le stesse scarpe da tennis marroni con cui era evaso dal carcere dell’Isola d’Elba il 19 aprile del 2014. Gli hanno chiesto i documenti e ha consegnato un passaporto con su scritto Andrea Bertone. Ma gli agenti di Polizia sapevano che Andrea Bertone non era mai esistito. Si era rasato i capelli, portava una maglia a fiori e aveva l’aspetto anonimo. Ma quell’uomo era proprio lui: il latitante Filippo De Cristofaro, il killer dagli occhi di ghiaccio che nel 1988 uccise la skipper pesarese Annarita Curina impossessandosi del catamarano su cui viaggiavano per fuggire in Polinesia con la sua amata: la 17enne olandese Diana Beyer. “Rambo dei mari”, dopo 2 anni di latitanza, è stato fermato in Portogallo, a Sintra, mentre stava per salire su un treno che lo avrebbe portato nella capitale Lisbona. Ha capito che la sua fuga in giro per l’Europa era terminata e con un sorriso, tra il compiaciuto e il rassegnato, si è rivolto agli investigatori che lo stavano ammanettando: «Complimenti, alla fine ci siete riusciti». (GUARDA IL VIDEO DELL'ARRESTO). Si chiude così un’indagine importantissima per la Squadra Mobile di Ancona, diretta dal capo Virgilio Russo e dal dirigente della sezione Catturandi Carlo Pinto, in collaborazione con lo S.C.O. e i corpi speciali della polizia portoghese. «Abbiamo restituito alla giustizia un uomo pericoloso» ha detto il questore di Ancona Oreste Capocasa in occasione di una conferenza stampa tenutasi venerdì mattina, alla presenza anche del vice questore Eugenio Masino dello SCO della Polizia si Stato. Un team che ha ricevuto anche i complimenti del ministro dell'Interno Angelino Alfano che ha twittato:

Un lavoro chirurgico in cui gli investigatori hanno avuto a che fare con settimane di conversazioni telefoniche. Infiniti giga di registrazioni video estratti dalle telecamere di centinaia di luoghi di passaggio in tutto il continente. Le tracce lasciate dal ricercato in luoghi che aveva ormai abbandonato. E poi le indagini avviate con almeno 10 giorni di ritardo. Già, perché quando è evaso dall’Elba, De Cristofaro era in permesso premio, concesso dal Tribunale di Sorveglianza di Livorno e avrebbe dovuto firmare alla caserma dei Carabinieri. Peccato che i militari locali non sapessero di avere in custodia uno come Pippo. «Si è venuto a creare un vuoto di comunicazione tra le strutture preposte» raccontò l’allora Procuratore Capo di Livorno Francesco De Leo in un’intervista al Messaggero. E poi anche i depistaggi, come la lettera anonima recapitata alla Procura di Ancona che parlava della vita del latitante in Ucraina, descrivendo luoghi, persone e fatti con minuzia. Ma in realtà De Cristofaro in Ucraina non c’era mai stato. L’omicida, ormai 62enne, da Livorno è arrivato a Civitavecchia, poi è passato per Ancona, Pescara e Bari, dove ha trascorso 3 giorni con l'idea di imbarcarsi per l’Albania. Ma qualcosa è andato storto e ha dovuto cambiare i piani. Non un problema per lui, sicuro di sé, sfrontato, affascinante, amante delle belle cose e genio della menzogna. Capace di parlare diverse lingue e grande conoscitore dell’informatica. Non ha mai avuto problemi a farsi degli amici, stando sempre bene attento a come muoversi. tanto da essere sempre un passo avanti agli altri. Fatto sta che poi si è diretto a Milano, poi è andato a Marsiglia, dove si è stabilito due mesi lavorando al porto, quindi in Portogallo. Ma lontano dalla capitale. Troppa Polizia. La svolta è arrivata lo scorso ottobre, quando il team interforze ha agganciato il numero di cellulare di “Andrea Bertone”. Era lui. E quel telefono è diventato come un segnale Gps in movimento per gli inseguitori. Dopo aver incrociato alcuni riscontri telefonici con le immagini della videosorveglianza della stazione ferroviaria della cittadina portoghese, è arrivata la conferma che il killer del catamarano fosse lì, a 30 chilometri dalla capitale. Era il momento giusto. Anche perché “Pippo”, che in un’altra vita era stato insegnante di danza, aveva intenzione di entrare nel giro di un traffico di diamanti dalla Costa d’Avorio. L’idea che potesse finire in Africa, ha gelato i polsi di chi lo cercava da 24 mesi. E così è scattato il bitz. 

Arresto Filippo De Cristofaro

I COMPLICI E L’IPOTESI AMANTE. Ma le indagini proseguono perché “Pippo”, in quei giorni di permesso premio ha preso il primo traghetto per Piombino, facendo perdere le sue tracce. Possibile che nessuno lo avesse aiutato? «Ci sono un paio di persone da iscrivere nel registro degli indagati che ne hanno favorito la latitanza» ha confermato il capo della Squadra Mobile dorica Virgilio Russo. Ma su chi possano essere e che ruolo possano avere avuto c’è il massimo riserbo da parte delle autorità. Ma fin dall’inizio dell’evasione, indiscrezioni provenienti da fonti investigative hanno sempre fatto riferimento ad una donna che, molto probabilmente, avrebbe anche maturato un sentimento per Pippo De Cristofaro. Forse conosciuta proprio via internet e diventata la chiave di volta per ottenere una prima somma di denaro fondamentale per lasciare l'Italia. Poi la latitanza costa e De Cristofaro si è sempre arrangiato. Tanto, che al momento dell'arresto, la Polizia gli ha trovato in tasca 6mila euro in contanti

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