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Cronaca Falconara Marittima

Falconara, insulti tra vigili al Comando: i consiglieri vogliono riaprire l'inchiesta

Denunce tra gli agenti della Municipale per presunti insulti di un ufficiale ai colleghi. Il procedimento interno è archiviato ma c'è chi vuole riaprire l'inchiesta

Linguaggio da caserma al Comando, denunce incrociate tra gli agenti che portano un capitano alla disciplinare interna prima e, successivamente, due agenti autori della segnalazione davanti al Giudice di Pace a rispondere di diffamazione. Una bolla di sapone senza colpevoli, finora. Tuttavia la vicenda, iniziata a marzo dello scorso anno al Comando e rimbalzata pochi giorni fa sul tavolo della Commissione Vª, sembra lontana dal concludersi e con strascichi che potrebbero coinvolgere anche altri vigili.

Con ordine, partendo da marzo 2015. Due vigili, una componente del Comitato Unico di Garanzia (che si occupa anche di discriminazione) e Vincenzo Marino, segretario regionale Ugl, inoltrano, anche sulla scorta delle lamentele di altri colleghi, una segnalazione alla dirigente al Personale Daniela Del Fiasco. I due parlano di «linguaggio volgare e non consono all'ambiente lavorativo» soprattutto per le agenti di sesso femminile, insulti e frasi come «fatti il bidet, sei un sindacalista di m...» da parte di un capitano. La Del Fiasco apre un procedimento disciplinare interno, ascolta gli interessati e le testimonianze di altri vigili ma il procedimento si chiude con un nulla di fatto. Al tempo stesso il capitano fa una richiesta di accesso agli atti e, venuto a sapere i nominativi di chi ha inoltrato la segnalazione, li denuncia per diffamazione. Il caso è stato trattato dalla sezione penale del Giudice di Pace che, lo scorso 3 novembre ha assolto Marino e la componente del Cug perché il fatto non costituisce reato.

La vicenda è stata riaperta nei giorni scorsi in Commissione Sicurezza. Quando il consigliere Luca Cappanera (Uniti per Falconara) ha chiesto alla Del Fiasco se alla luce della sentenza si potesse riaprire la questione. Risposta negativa. La dirigente ha chiarito ai consiglieri che il procedimento disciplinare interno si era chiuso con un'archiviazione perché i vigili ascoltati come testimoni non avevano confermato le accuse. E che all'interno delle motivazioni della sentenza non ci sono presupposti per riaprire il caso. Il Giudice di Pace, infatti, nell'assolvere gli imputati si è limitato a dire che i due hanno esercitato diritto di critica, soggettivo per sua natura. All'interno della maggioranza, tuttavia, c'è chi vuole chiarezza. Arrivando anche a esiminare gli atti processuali per verificare l'esistenza del linguaggio incriminato, la questione cambierebbe. «Se così fosse – spiega Romolo Cipolletti, presidente della Commissione Sicurezza - passerebbe un messaggio negativo e cioè che tutti negli uffici pubblici sarebbero autorizzati ad adoperare un frasario "da caserma"».

Non è l'unico aspetto. Se dagli atti emergessero discordanze tra le testimonianze - rese dai vigili alla disciplinare e in tribunale -, la nuova inchiesta interna potrebbe allargarsi anche agli stessi. Marino ne ha anche per la dirigente Del Fiasco. «Il capitano nelle sue memorie difensive – attacca il sindacalista - ha confermato le frasi giustificandole come necessarie per scaricare lo stress lavorativo. La dirigente dunque ne era a conoscienza e ne possiede la relativa documentazione. Non si capisce a questo punto perché non si sono voluti tutelare i lavoratori, peraltro tutti subordinati all'ufficiale. Non solo la dirigente non ha attivato nessuna azione nei suoi confronti, ma all'atto della richiesta di accesso agli atti non ha provveduto ad avvertire le parti interessate come prevede la normativa. Si è venuta a creare oltre alla beffa anche un danno, psicologico e materiale».

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