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Cronaca Falconara Marittima

Falconara, insulti tra vigili: «C'erano gli estremi per la sanzione disciplinare»

Interviene Pina Ferraro, consigliera di Parità per la provincia di Ancona: «A Falconara mi pare che ci sia stata una sottovalutazione dei fatti»

"Gli insulti al comando dei vigili? Già nell'istruttoria interna c'erano gli estremi per una sanzione disciplinare". È il parere di Pina Ferraro, consigliera di Parità per la provincia di Ancona, rispetto al caso del capitano accusato di utilizzare un linguaggio colorito nei confronti di agenti donne e sottoposti all'interno del Corpo di Polizia Municipale falconarese. La Ferraro, che rappresenta un organismo superpartes, nominata dal Ministero del Lavoro per intervenire e rimuovere casi di malessere sul lavoro (come discriminazioni di genere, ingiusti licenziamenti o mobbing, tutela della lavoratrice madre e del lavoratore padre, ad esempio) è stata coinvolta nella querelle falconarese circa due anni fa, proprio nell'ambito del suo ruolo istituzionale di pubblico ufficiale.

"La situazione mi è stata segnalata dai due agenti denuncianti - racconta - e così ho fatto ciò che è di mia competenza: ho convocato l'Ente e i denuncianti per conoscere o ogni dettaglio e dare indicazioni puntuali affinché venissero fatte azioni per rimuovere le situazioni di disagio e di discriminazioni segnalate". Per il Comune hanno partecipato il segretario generale Angela Graziani e la dirigente al Personale Daniela Del Fiasco. Quest'ultima, successivamente si è occupata della disciplinare interna che si è chiusa senza conseguenze per il capitano accusato. "Il Comune non è obbligato a seguire le mie indicazioni - aggiunge la Ferraro - ma a Falconara mi pare che ci sia stata una sottovalutazione dei fatti. A mio modo di vedere la situazione di discriminazione era già conclamata negli atti prodotti dalle parti, nella quale c'erano gli estremi per sanzionare fatti rilevanti. A Falconara, forse, si è minimizzato l'entità del problema".

E il linguaggio definito "cameratesco" dagli agenti sentiti come testi? "Quel gergo si usa in casa propria - conclude la consigliera - e non in un luogo di lavoro. Oppure lo si usa con chi è d'accordo, perché può dar fastidio e creare malessere ai lavoratori e alle lavoratrici che lo subiscono. Faccio presente che ci sono casi di mobbing in cui il giudice ha condannato anche i datori di lavoro per non aver provveduto a sanare situazioni di disagio lavorativo che creano malessere o discriminazioni. Le indicazioni sul benessere lavorativo, di cui alle normative vigenti, sono molto chiare in merito alla responsabilità del datore di lavoro per la prevenzione dello stress lavoro-correlato e di tutte le situazioni di esposizioni a rischio, anche e soprattutto psico-sociale. Pari opportunità e parità di genere nel luogo di lavoro dovrebbero essere aspetti prioritari all'interno di ogni organizzazione. Ripeto: io non posso entrare nelle decisioni dell'Ente ma mi sarei aspettata un'azione più decisa".

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