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Cronaca

«Il voto non rispetta le minoranze», avvocati di nuovo alle urne per il Consiglio dell'Ordine

Liste da 15 candidati anziché 10 come previsto dalla legge. La Cassazione ha accolto il ricorso di quattro avvocati dorici

Tutto da rifare. La sentenza della Cassazione che ha annullato le elezioni del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Ancona rimette in piedi la macchina elettorale dei forensi, chiamati a scegliere i propri rappresentanti ma solo per coprire l'incarico per un anno e poco più, fino alla scadenza naturale del mandato 2015/2018. Nel 2019 gli avvocati saranno nuovamente chiamati alle urne per il prossimo quadriennio. Una lunga battaglia legale. All'indomani dell'elezione, con la lista guidata dall'avvocato Giampiero Paoli a raggiungere il 51% delle preferenze, gli avvocati Giorgio Canali, Gianni Fraticelli, Raffaella Giovannelli e Michelino Occhionero presentarono ricorso al Consiglio Nazionale Forense contro il regolamento stesso della consultazione nella parte che riguarda la composizione delle liste. Ad Ancona si sono votate liste di 15 candidati (il numero dei componenti da eleggere) mentre si sarebbero dovute presentare liste da 10 candidati. Alla conta delle singole preferenze (l'avvocato che barra il nome del candidato, per intenderci) si aggiungono i voti di lista a tutti i candidati della stessa. Particolare proibito da una legge del 2014 che, a tutela delle minoranze, vieta a ciascun elettore di esprimere un numero di voti superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere. 

La questione era controversa già prima del voto anconetano del febbraio 2015. Tanto che lo stesso Ministero della Giustizia aveva suggerito tutti gli Ordini di attendere l'esito di ricorsi pendenti al Tar del Lazio. «Il Consiglio dell'Ordine di Ancona al contrario – si legge in un comunicato dei ricorrenti - disattendendo tale invito di prudenza, accolto, invece da altri, riteneva di procedere ugualmente con le operazioni elettorali nel febbraio 2015, applicando, di fatto, un regolamento elettorale sub iudice». Inizialmente il Consiglio Nazionale Forense aveva estinto il giudizio per mancata integrazione del contradditorio. Il che ha tenuto in piedi il Consiglio, sciolto ora dalla Cassazione come già accaduto con gli Ordini di Bari e Rimini. «Il regolamento – spiega l'avvocato Occhionero – è stato impugnato in forza a due sentenze passate in giudicato. Alcuni consiglieri hanno chiesto la nostra condanna per lite temeraria: da parte di colleghi l'ho trovato parecchio scorretto». «La ragione che ci ha spinti ad impugnare il risultato elettorale – chiude l'avvocato Giovannelli - è stata unicamente quella di rendere un servizio a vantaggio di tutti i colleghi domandando semplicemente il rispetto delle regole, proprio in quanto avvocati».

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