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Cronaca

Pugno di ferro con i detenuti, "così non li recuperiamo più": all'attacco dei magistrati

Una lettera di denuncia da parte dei detenuti, con i quali si schierano la Camera Penale di Ancona e il Garante dei diritti, che puntano il dito contro la magistratura del Tribunale di sorveglianza

Sono detenuti, ma sono pur sempre persone. Sono uomini che stanno finendo di scontare il conto con la giustizia e, in vista del loro ritorno alla società, chiedono di poterne fare parte in maniera dignitosa, con un lavoro e una nuova vita. Ma per essere reinseriti, devono essere messi alla prova e preparati attraverso una serie di benefici: lavoro esterno con la possibilità di incontro con i familiari, permessi premio, detenzione domiciliare, affidamento in prova ai servizi sociali. Tutte possibilità intorno alle quali i magistrati del Tribunale di Sorveglianza delle Marche hanno stretto più di un giro di vite, creando problemi burocratici per gli avvocati, aumentando tensione e insofferenza tra i detenuti prossimi ad uscire, ma soprattutto col rischio di diminuire le possibilità che quegli uomini, una volta fuori, possano trovare un loro nuovo equilibrio. La posta in gioco è la sicurezza sociale, infatti che guadagno ha la società negando una possibilità a chi torna libero? 

“Abbiamo sbagliato e vogliamo scontare la nostra condanna ma vogliamo dignità e speranza e vorremmo che tutti capissero che un detenuto senza speranza è un detenuto morto”.

Quali sono i problemi denunciati 

I detenuti non riescono a trascorere del tempo con la famiglia perché le poche ore di lavoro li escluderebbero dai colloqui familiari, quindi anche dalla possibilità di vedere i figli. Inoltre nella lettera vengono fatte presenti l’esiguità delle pene alternative concesse dalla magistratura, la limitatezza dei colloqui con i magistrati  e un "no" categorico all'applicazione della legge 199, che prevede di scontare gli ultimi 18 mesi di pena in casa. E' dunque alta tensione al carcere anconetano, dove i detenuti sono ormai in agitazione dopo il caso Zoppi

«Mio figlio era malato, lo Stato lo ha lasciato morire in carcere. Ora voglio la verità»

La posizione della Camera Penale

Si legge così nella lettera che tutti i detenuti del carcere di Barcaglione hanno scritto e indirizzato al Ministro della Giustizia e al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), denunciando una condizione indegna della vita in carcere e un trattamento eccessivamente severo da parte della magistratura di sorveglianza, nei confronti che, sono anche prossimi ad uscire. La lettera, firmata da 70 detenuti, è arrivata alla segreteria della Camera Penale di Ancona che subito ha espresso la sua vicinanza ai detenuti, in sofferenza ormai da anni nelle celle dove, ogni tanto, riesplode in protesta. I detenuti lamentano una applicazione quanto mai rigida delle norme dell’ordinamento penitenziario da parte del Tribunale di sorveglianza di Ancona, norme create allo scopo di favorire il reinserimento dei detenuti giunti, ormai, alla fine del percorso custodiale - si legge in un comunicato a firma del presidente della Segreteria della Camera Penale, l’avvocato Fernando Piazzolla e gli avvocati Francesca Petruzzo e Gaetano Papa - Si tratta di persone che, condannate in via definitiva, hanno scontato la stragrande maggioranza della pena e si avviano verso l’uscita dal carcere, che hanno svolto un percorso controllato, guidato e costantemente osservato dalla struttura carceraria. Si tratta di persone scrupolosamente monitorate dagli educatori del carcere e altrettanto scrupolosamente vigilate dalla Polizia Penitenziaria durante gli anni di detenzione. Si parla dunque di soggetti che, pur avendo commesso errori in passato, hanno raggiunto un traguardo di maturità e di coscienza degli errori commessi, tale da dover essere considerati non più socialmente pericolosi. I detenuti parlano di speranza, quella di poter ricominciare una vita fatta di normalità e di rapporti anche e, soprattutto, familiari. E’ chiaro che questa speranza va alimentata gradualmente, concedendo ai detenuti delle misure alternative alla detenzione che possano riavvicinarli progressivamente alla società. L’ordinamento penitenziario e il codice penale contengono una normativa specifica che agevola questo percorso di reinserimento attraverso la concessioni di permessi (più o meno brevi) con delle prescrizioni che, se non ottemperate alla lettera, portano all’immediata revoca del beneficio. Pertanto il costante rigetto indiscriminato delle istanze provenienti dai detenuti crea un malanimo e una insoddisfazione negli stessi sempre maggiore e tale da alzare pericolosamente il livello di tensione e di pericolosità, alimentate dalla non condivisibile severità adottata dai Magistrati operanti nel Tribunale di Sorveglianza di Ancona. Alla protesta dei detenuti, che la Camera Penale appoggia completamente, si deve aggiungere la protesta degli avvocati penalisti che sono costretti a registrare un atteggiamento dei magistrati che si pone al limite dello spirito di collaborazione. Infatti i colloqui tra magistrati e avvocati sono ridotti al minimo e spesso risultano indesiderati dai Magistrati stessi. Ridurre all’osso e “burocratizzare” il contatto con gli avvocati significa far venir meno quello spirito di collaborazione tra gli operatori della giustizia, categoria della quale fanno parte anche gli avvocati che giurano fedeltà alla stessa Costituzione sulla quale giurano i magistrati. Continuare ad avallare l’idea che va oggi per la maggiore, perché ripetuto come un mantra dai governanti ovvero: “buttiamo via la chiave e lasciamoli in galera”, significa lanciare un messaggio non aderente ai canoni costituzionali, capace di ingenerare insoddisfazione non solo negli avvocati ma anche nei detenuti che tanto, prima o poi, dovranno uscire dal carcere e far rientro nella società. Facciamo nostro il comunicato stampa del Garante dei diritti Andrea Nobili, unendoci alla sua volontà di incontrare il Presidente del Tribunale di Sorveglianza Filippo Scapellato. Chiaramente la Camera Penale di Ancona invierà la citata lettera alla Unione delle Camere Penali Italiane coinvolgendo fin da subito il rappresentante dell’osservatorio carceri dell’Unione stessa, l’avvocato Simone Mancini. 

Le intenzioni del Garante Andrea Nobili 

“E’ mia intenzione – sottolinea Nobili – informare di quanto sta accadendo il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, e di chiedere un incontro urgente al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Ancona, Filippo Scapellato, per un approfondimento delle problematiche poste in essere. E’ da precisare che quello di Barcaglione è un istituto a custodia attenuata che ospita detenuti a fine pena, che di fatto hanno perso la cosiddetta pericolosità sociale. I loro diritti, sempre tenendo conto di quanto contemplato dalla normativa vigente, vanno garantiti a tutti i livelli”.

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