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Cronaca Falconara Marittima

Carabiniere eroe: «Sento che da lassù mia figlia mi ha perdonato»

Parla l’appuntato dei Carabinieri Carlo Morresi, l’eroe in divisa che venerdì pomeriggio ha convinto una 40enne a non gettarsi dal ponte del cavalcavia ferroviario di via Roma. Lui non si sente un eroe e non cerca encomi

«Io ero un padre assente perché completamente dedito al lavoro di Carabiniere, che mi portava sempre a fare servizi in giro per l’Italia. Solo negli ultimi anni, intorno al 2002, avevo riallacciato un rapporto con mia figlia. Poi ci fu quell’incidente stradale in cui lei morì. Sono rimasto in una sorta di limbo, tra un rapporto che stava rinascendo e il dubbio che mia figlia non mi avesse mai perdonato per quelle mancanze. Ma dopo quanto accaduto l’altro giorno, quando ho conosciuto quella donna che stava per gettare via la sua vita, ho capito: mia figlia da lassù mi ha perdonato». Parla così l’appuntato dei Carabinieri Carlo Morresi, l’eroe in divisa che venerdì pomeriggio ha convinto una 40enne a non gettarsi dal ponte del cavalcavia ferroviario di via Roma. Le ha parlato di sua figlia morta in un incidente stradale nel 2008, di come venerdì scorso sarebbe stato il suo compleanno (e non l'anniversario della morte come riportato in un primo momento). Così le ha fatto capire come, anche dai momenti più duri, si possa risalire, si possa avere un’altra possibilità, si possa addirittura rinascere. Non chiamatelo eroe perché a lui non piace. Ma in una società in cui i rapporti umani sono sempre più liquefatti e le mani verso il prossimo sempre più ritratte, un gesto come quello dell'appuntato Carlo Morresi è molto più di un gesto eroico: è un gesto di infinita umanità.

Morresi non crede che una promozione sarebbe più che meritata?

«Se mi dovessero proporre una promozione non la rifiuterò. Ma io sono felice così, non cerco encomi. Ho visto la soddisfazione negli occhi dei miei superiori e la gioia della gente che incontro per strada, non desidero altro».

Come è cambiata la sua vita dopo venerdì scorso?

«La mia vita non cambia, non mi considero un eroe. La vera eroina è lei, la ragazza che ha avuto la forza di ricominciare. E’ lei che ha fatto il grande passo, cioè quello di ricominciare a vivere. Per me, che sono cristiano, questa è una gioia che mi riempie il cuore e fa bene alla mia anima».

Quale è stato il momento in cui ha capito che la donna aveva deciso di fidarsi di lei?

«Il momento più importante è stato quando le ho fatto vedere una foto di mia figlia, lei si è avvicinata e ha appoggiato la mano sulla grata di ferro, ha chiuso gli occhi, tanto che temevamo che stesse per lanciarsi, così io mi sono avvicinato e ho appoggiato la mia mano sulla sua. Lei mi ha detto che sarebbe cascata lo stesso se avesse voluto e io le ho risposto che almeno non sarebbe morta da sola perché c’ero io al suo fianco. Mi ha chiesto se mi importasse così tanto di lei e lì ho capito che aveva cominciato a fidarsi. Si è aggrappata alla rete. Il peggio era passato». 

Bisogna avere una particolare empatia per entrare così dentro le persone, non crede?

«Io sempre stato così. Mi piace tantissimo parlare con le persone, parlare loro, capirle. Certo va detto che nell’Arma dei Carabinieri  c’è la figura del negoziatore che ho chiamato per farmi dare qualche consiglio in quella circostanza».

Siamo abituati a vedere i Carabinieri come persone tutte d’un pezzo, uomini e donne temprate dalla vita del militare. Lei è un Carabiniere sui generis?

«Ma il Carabiniere deve avere grandissimo spirito di adattamento - spiega Morresi - Specialmente nella territoriale, siamo quelli che un giorno affrontano la lite familiare, poi lo spacciatore, poi interveniamo su una rapina a mano armata e, appunto, anche quando qualcuno minaccia il suicidio. Ci si deve adattare d dopo tanti anni di servizio, sei pronto ad affrontare qualsiasi situazione. Io, come tutti i miei colleghi, sappiamo quello che ci aspetta quando prendiamo su una chiamata e affrontiamo qualsiasi situazione».

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