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Cronaca

Accolti dal cantiere, distrutti dalla burocrazia: «Ci devono 400mila euro e ci hanno cacciato»

La storia della New Wolrd Service, un'azienda della cantieristica navale che ha pagato dazio durante l'emergenza Covid. Il virus però non c'entra nulla

«Lo vedi lui? Lui devo trovare il modo di pagarlo oggi, perché altrimenti lo mandano via da casa». Comincia così la chiacchierata sotto l’arco di Traiano con Sarker Mozibur Rahaman, direttore generale della New World Service, e con i suoi dipendenti rimasti senza lavoro tre mesi fa. La sua è un’azienda che lavora da 10 anni nella cantieristica italiana e ad Ancona era arrivata nel 2014. L’ultimo impiego la vedeva impegnata in subappalto per una ditta specializzata in coibentazione con sede a Roma, operativa in un grande cantiere estraneo alla vicenda. E’ finito tutto a marzo, in pieno lockdown, con gli operai che da allora mandano avanti mogli e figli in Bangladesh aggrappandosi a una elefantiaca cassa integrazione. L’emergenza Covid però in tutta questa storia fa solo da contesto, perché a fermare la New World è stata la burocrazia arrivata quando a Sarker dovevano essere ancora pagati 367.369 mila euro di lavori.

La vicenda

Il 26 marzo, con il cantiere già chiuso per quarantena, il titolare ha ricevuto dall’azienda appaltante la lettera di chiusura immediata del rapporto in essere, valida sia ad Ancona che in altri cantieri. Stop dunque a isolazioni termoacustiche e arpionature: “Dato che a gennaio e febbraio non ci sono state inviati né gli F24 quietanzati, né i modelli DM10, sospendiamo preliminarmente il pagamento dei residui importi fatturati e da fatturare a tutela dei nostri diritti rispetto a pretese di terzi” scrive l’appaltante nella lettera. Tradotto: Sarker non aveva inoltrato la documentazione che comprovava la regolarità degli adempimenti fiscali e contributivi verso i suoi stessi dipendenti, quindi New World fuori. E i quasi 400 mila euro? “Salderemo il residuo dovuto solo una volta che avrete provveduto a rendicontare l’avvenuto adempimento di tutti gli obblighi”. «Il problema è che a marzo hanno rotto il contratto, ma è da gennaio che non mi pagavano e quindi non potevo a mia volta versare i contributi- Spiega Sarker- ora vogliono vedere quei rendiconti per darmi ciò che mi spetta, ma non posso produrli perché non mi hanno messo in condizione di fare i pagamenti che dovrei dimostrare. La cosa che fa più male- continua l’imprenditore- è che noi abbiamo contribuito a far crescere la cantieristica di Ancona e adesso il nostro posto in subappalto è stato preso da un’altra azienda dove lavora gente che magari in Italia è arrivata solo ieri». Sarker spera ora di poter discutere un piano di rientro che gli permetta di incassare gli arretrati e, soprattutto, in un nuovo contratto di subappalto: «La cosa più importante ora è tornare a lavorare».

L'indagine sul caporalato

Sarker Rahaman è coinvolto nell’indagine sul caporalato che ha scosso la cantieristica anconetana e non solo alla fine di maggio. Tiene a precisare che quella storia non ha nulla a che vedere con il problema di lavoro, ma vuole comunque rispondere alle accuse: «Operai sottopagati e schiavitù? Non nella mia azienda e lo dimostrano proprio i dipendenti che sono qui con me – spiega Sarker, che per questa vicenda è assistito dall’avvocato Massimo Vergari- il problema è stato che qualcuno era inquadrato con un livello inferiore perché non avevo abbastanza soldi per adeguarlo. Buste paghe e bonifici erano però tutti fatti come dovevano essere e ogni livello non era pagato meno di quanto stabilito dal contratto nazionale». 
 

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