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Cronaca

L'orrore della guerra: un giornalista anconetano tra le bombe di Kiev

Pierfrancesco Curzi, giornalista e scrittore anconetano, è appena tornato da Kiev. Il suo racconto nei luoghi dell'orrore. Segnali di speranza: «Le famiglie stanno iniziando a tornare in Ucraina»

ANCONA - «E’ come se tu dovessi andare dal Piano verso il centro e prima di arrivare al Passetto dovessi superare cinque o sei check-point completamente blindati». Questa è solo una parte della Kiev che Pierfrancesco Curzi, giornalista e scrittore anconetano, ha visto durante la sua seconda missione in Ucraina. Disegna una mappa della stessa Kiev su una bitta del Mandracchio. Ad Ancona è tornato solo da poche ore. E’ stato nella capitale e nella città di Irpin’, dopo la prima spedizione a inizio marzo in quel di Leopoli. «Di notte non gira nessuno, c’è il coprifuoco. Di giorno la metà della popolazione che è rimasta lì fa quello che può per sopravvivere- racconta Curzi- ci sono le farmacie aperte, le piccole botteghe di quartiere, ma il resto era chiuso almeno fino a mercoledì. Il tutto con quel sottofondo di bombe, quei combattimenti a Kiev che c’erano alla stessa distanza che separa gli Archi da Collemarino». (VIDEO)

Il massacro di Bucha 

«Sono stato anche a Irpin’, comune liberato lunedì scorso a circa 20 chilometri da Kiev. I russi sono stati rispediti indietro e si sono lasciati dietro tutto quello che le telecamere hanno mostrato, tra cui i fatti di Bucha. Parliamo di gente giustiziata per strada, cadaveri trovati con le mani legate dietro alla schiena e con colpi d’arma da fuoco alla testa. Propaganda? Quella è partita, come spesso parte in questi casi, ma personalmente trovo difficile che l’esercito ucraino possa aver ucciso dei suoi concittadini. Per dimostrare cosa?». 

La guerra in Ucraina vista dal giornalista anconetano

«Putin ha fatto lo stesso altrove»

«La prima immagine che mi porto dentro l’ho avuta a inizio marzo, nella mia prima missione a Leopoli. Tra la Polonia e l’Ucraina ci sono 3 valichi di frontiera, faceva -7 gradi e c’erano migliaia di donne e bambini in fuga, file di disperati con coperte e le prime cose portate via in emergenza. Quello mi ha dato l’idea di ciò che accadeva nella più profonda Ucraina. In questa seconda missione, a Kiev, ho vissuto una città blindata la paura di un missile che può partire “per sbaglio”. I Russi colpiscono obiettivi militari, ma senza avere un quadro chiaro, quindi provocava danni anche tra i civili».  Curzi, reporter che ha visitato altre dure realtà del mondo, era uno di quelli che non avrebbe mai pensato a un’evoluzione di questo tipo della situazione in Donbass: «Invece sono tuttora sorpreso, io sono stato a Grozny (Repubblica cecena di Russia) che tra il ’94 e il 2002 fu rasa al suolo. Noi quelle immagini le abbiamo viste solo in modo collaterale, ma di quella cosa non ci siamo mai interessati. Putin e la Russia hanno fato la stessa cosa allora, con la scusa di liberare la Cecenia dal terrorismo ha compiuto un genocidio. Stessa cosa in Georgia e sta facendo a stessa cosa in Siria dal 2014, quando Assad lo chiamò a protezione del Paese». 

Famiglie separate, ma torna la speranza

«Il grosso delle famiglie si è spezzato in due- spiega Curzi- gli uomini, dai 18 ai 60 anni, non possono uscire dal Paese per decreto di Zelensky. Alle stazioni ho visto uomini che vanno a salutare le mogli e i figli che vanno verso occidente. Gli uomini invece restano con diversi compiti, non necessariamente combattendo al fronte, ma anche facendo volontariato. Ora però le famiglie hanno iniziato a ricongiungersi. Rispetto a marzo treni e bus andavano solo in uscita, ora si rivedono nuclei che rientrano per stare con i mariti, perché la situazione militare in alcune zone è migliorata anche se solo inizialmente». 

«I russi non si stanno ritirando»

«I russi stanno modificando la strategia. Io faccio un altro mestiere, mi fido degli esperti e la Russia sembra che abbia solo modificato gli aspetti generali. Pensava di fare un solo boccone di Kiev, ha visto che fa passi indietro e probabilmente mollerà Kiev per spostarsi sul fronte orientale e meridionale per prendere Mariupol e collegare le Repubbliche del Donbass alla Crimea e Odessa. Ma posso essere sempre smentito».


 

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