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Cronaca

Banca Marche, a processo parla Bianconi: «Non ero io a proporre quegli investimenti»

Sono queste le parole con cui oggi si è difeso in aula l’ex direttore generale di Banca Marche Massimo Bianconi sul presunto giro di affari privati tra l’ex numero uno della vecchia BDM

«Io potevo interdire le pratiche e avevo potere di veto, ma non votavo nel Consiglio di Amministrazione e non ho mai espresso pareri o posizioni sugli investimenti di Banca Marche. Intervenivo solo quando le pratiche erano di mia competenza, altrimenti mi appoggiavo su tutto il complesso di Uffici che avevano la mia fiducia e che non ho mai avuto motivo di mettere in discussione». Sono queste le parole con cui oggi si è difeso in aula l’ex direttore generale di Banca Marche Massimo Bianconi, rispondendo alle domande dei pm Andrea Laurino, Serena Bizzarri e Marco Puccilli. E' salito sul banco dei teste da imputato nel processo sul presunto giro di affari privati tra l’ex numero uno della vecchia BDM, Bianconi appunto e gli imprenditori Vittorio Casale e Davide Degennaro. Davanti al collegio del tribunale presieduto dal giudice Giovanni Spinosa, Bianconi ha spiegato come sia inverosimile l’idea che lui potesse agire da dominus in una struttura verticistica e complessa come quella di una banca da più di 500mila clienti depositanti. Quel “complesso di Uffici” appunto di cui ha parlato Bianconi spiegherebbe come fosse impensabile l’immagine che lui potesse concedere prestiti in modo arbitrario. 

Le accuse della Procura di Ancona 

La struttura della vecchia Banca delle Marche

La premessa è che ad ogni operazione viene assegnato un margine di rischio (basso, medio altro) dagli scoperti in conto corrente fino alle fatture di entità meno rilevante, che in una banca come quella poteva anche corrispondere a qualche milione di euro. Fatto sta che l’area geografica sotto la guida di Bianconi faceva riferimento al centro Italia con 40 filiali da cui partiva tutto, per poi arrivare a un capo area che non esprimeva pareri, un dirigente responsabile crediti. «In Banca Marche non c’è mai stata una proposta di credito che non fosse partita da una filiale del territorio» ha ribadito l’imputato, che ha poi proseguito spiegando come a giocare la palla fosse in realtà il vice direttore generale Stefano Vallesi. Alla fine c’era un Comitato Esecutivo e un Consiglio di Amministrazione. «Era il vicedirettore generale a presentare la pratica al Comitato e al Consiglio per l’approvazione, io non firmavo le pratiche, io firmavo solo per “ammessa” nel senso che una volta approvato il finanziamento certificavo l’avvenuta approvazione da parte degli organi Bdm» ha risposto Bianconi quando Laurino gli ha chiesto conto dei suoi poteri bancari. 

La separazione con la moglie mesi prima dell’avviso di garanzia

Secondo le accuse della Procura, nella direttrice Bianconi- Degennaro, l’uomo più potente della vecchia Banca Marche concedeva prestiti in cambio di operazioni bancarie che Degennaro faceva transitare attraverso società fino ai conti correnti della moglie e della figlia di Bianconi. Per questo stamattina il pm Laurino ha anche chiesto: «Scusi se entro nel personale, ma al momento dei flussi finanziari contestati lei in che rapporti era con sua moglie?». Bianconi ha risposto che la società “Archimede”, quella riconducibile ai familiari di Bianconi e attraverso cui sarebbe stato venduto il romano come compenso per i finanziamenti bancari, era sorta nel 2009. «Tutto in autonoma scelta di mia figlia e mia moglie con la quale mi ero formalmente separato da mesi quando ho ricevuto l’avviso di garanzia per questa inchiesta». 

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