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Cronaca

Baby stalker, i racconti choc delle vittime: "Per loro gravissimi turbamenti psicologici"

Pericolo di reiterazione del reato e testimonianze choc delle vittime alla base della decisione del giudice per la banda dei baby stalker di Ancona

“Avevano generato nelle vittime un perdurante stato di ansia, limitando le uscite, evitando di recarsi nei luoghi di divertimento. Molti sono gli elementi di indagine da cui emerge il grave turbamento psicologico procurato dalle condotte degli indagati alle persone offese. In particolare appare gravissima la destabilizzazione emotiva di un minore, costretto a cambiare le proprie abitudini di vita”. E’ quanto scrive il Gip del Tribunale per Minorenni delle Marche Paola Mureddu, nell’ordinanza in cui accoglie la richiesta di misura di custodia cautelare in carcere per la banda dei baby stalker di Ancona, difesi dagli avvocati Silvia Pennucci, Michele Carluccio e Marco Giorgetti.

La testimonianza choc 

Lo fa anche sulla base delle testimonianze delle vittime che, rappresentate dall’avvocato Laura Versace (foto in basso), hanno rotto il muro di omertà raccontando l’inferno vissuto in anni di vessazioni e lo stato d’animo con cui sono arrivati sino ad oggi. 

«Vorrei il piacere di stare in giro e respirare dicendo finalmente che sono tranquillo…Vorrei la mia libertà…Prego che il giudice dia una punizione esemplare a queste persone perché non ci siano altri che li vogliono emulare, così che questa cosa si risolva senza che io o altri siano costretti a subire ancora questo. Non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico, che in un paese bello come l’Italia, tu non puoi  uscire con 50 euro e comprare una felpa se no, ti incontrano e te ne rubano 20».

L’umiliazione ripresa in video col cellulare

Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Squadra Mobile di Ancona, le vittime erano coetanei dei presunti aguzzini. Si sono visti strappare via un pezzo degli anni più belli e delicati della vita di un giovane: l’adolescenza, quando un ragazzo dovrebbe essere libero e spensierato. Invece loro, presi di mira anche per i loro disturbi cognitivi, avevano perso il sorriso. Alcuni hanno cominciato a soffrire di attacchi di panico, si sono chiusi in se stessi, hanno smesso di frequentare il centro di Ancona per il terrore di incontrare uno di quei violenti, il cui passatempo era tormentare i più indifesi e giocare a sentirsi i padroni della città. Botte e minacce, anche pesanti: «Io ti ammazzo, impicco te e i tuoi genitori» urlavano senza remore alle loro vittime, di cui una era stata anche costretta a mettersi in ginocchio e supplicare, mentre un altro membro del branco filmava tutto col cellulare. Ogni incontro era un’occasione per generare terrore. A scuola, in strada o sul bus. Non c’era un luogo dove si potessero sentire al sicuro, tanto che durante il lockdown dovuto alla pandemia da Coronavirus, avevano quasi tirato un sospiro di sollievo. «Non ce la faccio più in Italia, voglio andare all’estero» confidava una delle vittime in lacrime ad un amico.

Dentro le scuole abusivamente per spadroneggiare

Neppure a scuola c’era pace. Sempre secondo le testimonianze raccolte dalla Procura dei Minori, il 20enne arrestato lo scorso agosto, si infilava abusivamente dentro le scuole delle loro vittime. Incurante dell’autorità, entrava fino a stanare la sua “preda” per bloccarla, schiaffeggiarla e deriderla davanti ai compagni. L'obiettivo? Estorcere qualche euro o una sigaretta. «Io ci sto male. Vorrei poter stare in giro sentendomi tranquillo. Questo è il mio sogno» ha raccontato un’altra delle vittime. La vita era diventata un inferno, fatto di un costante stato di allerta, tra lacrime e mani che tremano. Qualcuno prima di uscire chiamava gli amici per sapere se le strade fossero libere, mentre altri usavano la bicicletta per fuggire più veloce possibile. Non si sa mai chi si incontrava. 

«Mi sentivo apatico e non credevo più in me»

«Mi sentivo apatico, agitato, non credevo più in me. Non riuscivo più a guardarmi allo specchio» denunciava una delle vittime. Come predestinati a una vita senza scelta, per gli 8 perseguitati, la banda era qualcosa di invincibile, al punto da essere paragonata alla mafia. E invincibile era anche l’immagine che i baby stalker volevano rimandare all’esterno. Non si erano fermati neppure in pubblico, di fronte ad una madre coraggiosa, che li aveva affrontati per difendere suo figlio. «Sei una tr…ti buttiamo nel water…vuoi un pugno anche te? Non scappare, vieni qui che ti facciamo vedere noi di cosa siamo capaci» le avevano urlato per tutta risposta.

Il pericolo della reiterazione del reato

Ma ora quel regime del terrore è finito perché, su 12 indagati, 5 si trovano in carcere minorile e uno ai domiciliari. Misure ponderate per il Gip, convinta che i 5 non si sarebbero fermati facilmente. Non lo hanno fatto neppure di fronte all’arresto dell’unico maggiorenne del gruppo avvenuto ad agosto scorso.  

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