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Cronaca Falconara Marittima

«Disastro ambientale e potenziali esplosioni». Chiusa l’indagine sugli odori nauseabondi: raffineria nell’occhio del ciclone

Accuse pesanti mosse dalla procura di Ancona alla raffineria Api di Falconara. 18 gli indagati per gli odori dell'aprile del 2018

FALCONARA - Disastro ambientale, gestione illecita di rifiuti speciali, getto pericoloso di cose, lesioni personali a carico di numerosi cittadini. Accuse pesanti quelle mosse dalla Procura di Ancona nei confronti di 18 persone. Alla Api Raffineria S.p.A vengono contestati anche delitti contro la pubblica amministrazione la violazione della normativa sulla gestione degli impianti a rischio di incidente  rilevante e la responsabilità amministrativa degli enti. 

Aria irrespirabile, la procura apre un fascicolo

Le indagini

Le indagini condotte dai carabinieri del NOE di Ancona e coordinate dalla procura, sono partite dopo l’incidente dell’11 aprile 2018, quando si verificò l'inclinazione del tetto galleggiante di un serbatoio interno al polo falconarese. L’incidente riguardò uno dei serbatoi più grandi  d'Europa per una capacità di portata pari a 160.000 metri cubi di petrolio greggio, provocando la  fuoriuscita di una nuvola di gas idrocarburici e la percezione in città di forti odori. Per gli investigatori ci fu anche il serio pericolo per la sicurezza, che derivava da potenziali esplosioni. L’indagine ha da subito puntato a ricostruire le modalità di gestione dello stabilimento che, secondo la procura, era caratterizzata da ripetute violazioni. In particolare, gli accertamenti hanno portato alla luce quelle che sono ritenute «gravi carenze strutturali negli impianti», con «una diffusione  incontrollata e prolungata nell’ecosistema di inquinanti pericolosi per l'ambiente e per l'uomo».  Nel territorio di Falconara si è registrato, infatti, un significativo inquinamento ambientale che secondo i carabinieri è stato causato dalle attività della raffineria. Questa, pur operando sulla scorta dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (rilasciata nel maggio del 2018), ne avrebbe violato le prescrizioni e i limiti. Il riferimento è alle emissioni in atmosfera, agli scarichi idrici, ai rifiuti, alla gestione dei malfunzionamenti e degli  eventi incidentali.  

Disastro ambientale

L’ipotesi di “disastro ambientale” è stata contestata in riferimento a una presunta grave compromissione del suolo e sottosuolo, della qualità dell’aria delle zone limitrofe all'impianto, delle acque superficiali e delle acque sotterranee dove è stata più volte  riscontrata la presenza di reflui industriali con idrocarburi. Secondo i magistrati, l’ inquinamento e dispersione di prodotti sono stati  principalmente provocati dallo stato di deterioramento degli impianti e dalle gravi carenze  riscontrate nell’ ispezione e manutenzione di vari serbatoi, oltre che degli  impianti di trattamento delle acque di scarico (T.A.S.), di trattamento delle acque di falda (T.A.F.) e  della rete fognaria oleosa della raffineria. I militari hanno inoltre riscontrato l’omessa comunicazione da  parte della società degli incidenti, tra cui proprio quello accaduto in quell’11 aprile.

La qualità dell’aria

La compromissione della qualità dell’aria delle zone limitrofe sarebbe invece stata provocata dalle ripetute emissioni in atmosfera di gas derivanti dalla  lavorazione degli idrocarburi. Emissioni cagionate, dice la procura, dal rilascio in atmosfera di composti gassosi tra cui G.PL. (gas petrolio liquefatto). Il gas, non essendo commercializzabile in  considerazione dell'alto tenore di zolfo e del residuo all’evaporazione, sarebbe stato bruciato nella torcia della raffineria in più giornate, a partire dal 20 maggio 2020, al solo  scopo di disfarsene.  

Abuso d’ufficio

A seguito delle indagini sono inoltre stati contestati reati contro la pubblica amministrazione,  segnatamente i reati di abuso d'ufficio, rivelazione di segreti d'ufficio e istigazione alla corruzione,  da parte di un pubblico ufficiale al vertice dell'organo tecnico deputato al controllo.  

L’I.S.P.R.A.

Violazioni in materia ambientale sono state contestate anche dall’ I.S.P.R.A. (Istituto Superiore per  la Protezione e la Ricerca Ambientale) che, durante l’attività di controllo ordinario condotta  annualmente, ha accertato violazioni sulla gestione ritenuta illecita delle “acque di processo”. Queste, costituite da reflui oleosi drenati dai serbatoi di stoccaggio del greggio, sarebbero state convogliate verso l'impianto di Trattamento delle Acque di Scarico (T.A.S.).

La replica dell'Api

Perché?

L’ipotesi accusatoria vuole che le condotte contestate siano state portate avanti allo scopo di risparmiare sui costi per l'ispezione, la manutenzione e l'adeguamento degli impianti (solo la bonifica di uno dei serbatoi avrebbe infatti comportato un  esborso pari ad oltre 2 mln di euro, mentre lo smaltimento dei rifiuti liquidi costituiti dalle acque di  processo avrebbe comportato dei costi di almeno 8 milioni di euro all'anno) e allo stesso tempo di non compromettere l’attività produttiva, rallentando i processi di lavorazione che, in caso di esecuzione delle dovute opere di ispezione e manutenzione, avrebbero subito una inevitabile  riduzione.  

Il Comune di Falconara vuole costituirsi parte civile 


 

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