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Cronaca

Allevatori ad Ancona per difendere la carne da «campagne diffamatorie»

Due stalle su tre hanno chiuso negli ultimi 5 anni e i consumi di carne continuano a scendere. Coldiretti: «Mai così poca carne sulle tavole dall'inizio del secolo»

In piazza per rimarcare l’importanza della carne rossa in termini di valori nutritivi ma anche per le ricadute economiche. Un settore che negli ultimi 5 anni ha subito una battuta d’arreto sono indifferente con la chiusura di due stalle su tre e 50mila marchigiani che hanno detto addio alla carne bovina. Così giovedì 5 maggio, gli allevatori di Coldiretti, una cinquantina in rappresentanza dei circa 6500 imprenditori marchigiani del settore, sono scesi in piazza Pertini per un volantinaggio informativo accompagnato da un assaggio di mini Marchburger, l’hambuger 100% di carne delle Marche. In quella che è stata definita la «Giornata nazionale della Carne italiana a difesa della carne sotto attacco di allarmismi infondati, provocazioni e campagne diffamatorie che colpiscono un alimento determinante per la salute che fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea, alla quale apporta l’indispensabile contributo proteico, permettendo ai marchigiani di ottenere nel corso degli anni ripetuti record di longevità». 

I dati forniti da Coldiretti vedono primeggiare, nel menu dei marchigiani, le carni bianche (86%), davanti alla bovina (70%), i salumi (68%) e la carne di maiale (55%). «Proprio nel 2015 - precisa Coldiretti - la carne ha perso per la prima volta il primato ed è diventata la seconda voce del budget alimentare delle famiglie dopo l’ortofrutta, con una rivoluzione epocale per le tavole nazionali. Il risultato di un trend negativo in atto da anni è che non si è mai mangiata così poca carne in Italia dall’inizio del secolo. Le quantità di carne portate realmente in tavola sono scese in media a 85 grammi al giorno, ben al di sotto del limite dei 100 grammi al giorno fissato dai più accreditati Istituti di ricerca».

Nelle stalle marchigiane lavorano 13mila persone per 57mila capi bovini (di cui 52mila sono di razza Marchigiana Igp), 200mila suini, 192mila ovini e 8,5 milioni di polli. La concorrenza estera però, fatta di meno qualità e prezzi più invitanti ha portato dal 2010 a oggi ad un aumento del 20% delle importazioni. «Le carni nazionali – conclude l’associazione - sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione Dop che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. Gli arrivi dall'estero di carne a basso prezzo senza il valore aggiunto di sicurezza e sostenibilità garantiti dall’italianità provoca la chiusura delle stalle, impoverisce le attività di trasformazione e distribuzione ad esse legate e fa venir meno il presidio ambientale e di legalità di interi territori».
 

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