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Psicologia della notizia

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A cura di Istituto Europeo di Psicologia ed Ergonomia (IPSE) di Ancona

"Vivere in classe", una nuova disciplina scolastica per prevenire il bullismo

In questi ultimi tempi si sentono sempre più liti tra ragazzini che sfociano in violenza. La psicologa dell'IPSE Ancona analizza le dinamiche con le quali si può comprendere il fenomeno del bullismo

In questi ultimi tempi sempre più sentiamo di liti tra ragazzini che sfociano poi in violenza. Ed è proprio il caso riportato da AnconaToday su un tredicenne che sferra un pugno a un compagno di classe in seguito a una lite. Ma cosa sta succedendo? 
Con un occhio da psicologa e un occhio da insegnante noto sempre più come tra i giovani è emersa una bassa, se non assente, tolleranza alle frustrazioni. Essi fanno fatica a riconoscere, discriminare, verbalizzare e condividere le emozioni. Questo è la conseguenza di interazioni sempre più veloci e superficiali, mezzi di comunicazione che prendono il posto delle relazioni vis-à-vis e, a livello scolastico, programmazioni rivolte all’apprendimento di nozioni teoriche e tecniche.
Un aspetto fondamentale che spesso non trova posto nelle scuole, o lo trova con molta fatica, è fornire ai ragazzi quella che viene definita la consapevolezza emotiva. Prima di tutto, avere consapevolezza dei propri vissuti emotivi è determinante per il benessere psicofisico poiché il giovane ha la possibilità di entrare in contatto con la sua parte interiore. Riflettere sui propri stati d’animo e, al tempo stesso, su quelli degli altri consente anche di sviluppare la capacità empatica permettendo di vedere e provare ciò che vedono e provano gli altri (condivisione). In letteratura, molti studiosi sono d’accordo sul fatto che la responsività empatica promuove la manifestazione di comportamenti positivi e riduce la frequenza di condotte negative. Le azioni aggressive, o quei comportamenti che si definiscono socialmente manipolativi tipici dei gruppi dei pari, rientrano in quello che viene chiamato bullismo. Per definirlo tale, vengono esaminate alcune caratteristiche importanti:
1)    il bullo mette in atto comportamenti fisici, verbali o psicologici con l’intenzione di offendere l’altro o causargli un danno (intenzionalità),
2)    i comportamenti aggressivi del bullo sulla vittima devono essere ripetitivi e prolungati nel tempo (persistenza),
3)    il bullo assume una posizione di forza mentre la vittima spesso è indifesa (asimmetria),
4)    le modalità di violenza possono essere o dirette (calci, pugni, minacce) o indirette (dicerie, esclusione).

Sulla base di quanto detto precedentemente e considerando il fenomeno delle prepotenze tra pari appena descritto, si può ipotizzare che incrementare la consapevolezza emotiva degli alunni possa avere effetti benefici sui soggetti direttamente coinvolti in questo tipo di fenomeni, ovvero i bulli e le vittime. Infatti, da studi è emerso che la vittima fa difficoltà a riconoscere le emozioni, mente il bullo tende a legittimare il proprio comportamento aggressivo e a negare la sofferenza emotiva e affettiva nella vittima.
Quindi, anche per una funzione preventiva, l’educazione ai sentimenti rappresenta un percorso fondamentale, che dovrebbe far parte del curricolo scolastico, per comprendere meglio se stessi e, di conseguenza, gli altri. Non bisogna inoltre dimenticare che oggi la scuola è riconosciuta come ambito privilegiato di formazione e sviluppo di capacità e risorse dei giovani; è il luogo dove essi vivono insieme con maggiore regolarità e continuità, è un ambiente dove si confrontano generazioni diverse, ma cosa più importante è il contenitore protetto in cui è possibile fare esperienze misurandosi.

    
Dr.ssa Valeria Catufi / Psicologa clinica, Psicoterapeuta CBT in formazione, Insegnante scuola dell’infanzia e primaria – Psicologa di IPSE Ancona –referente del progetto “Vivere in classe”
Mail: ipse@poliarte.org Sito: https://www.ipseancona.it/

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