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Benessere Senigallia

Una rete contro la solitudine, il progetto della Fondazione Balducci-Rossi

Il progetto “Persone sole” vuole aiutare le persone sole, anziani, disabili o malati, tutti coloro che vivono quotidianamente la dimensione della solitudine

SENIGALLIA - A volte essere soli è solo una sensazione, altre volte invece è una condizione con cui ci si abitua e si fa i conti ogni giorno come fosse una routine. In entrambi i casi la solitudine è una condizione che spesso viene vissuta come una condanna personale per una colpa da espiare, una sfortuna capitata a noi e a nessun altro contro la quale non c’è rimedio. Invece è possibile superare questa condizione, che il più delle volte è solo il frutto di sfortunate condizioni di vita o di situazioni che nessuno avrebbe voluto vivere. Basta un po’ di vicinanza e tornare a sentirsi parte della stessa umanità. È quello che sta facendo la Fondazione Maria Grazia Balducci Rossi per i più bisognosi con il progetto “Persone sole”, con cui vuole aiutare le persone sole, anziani, disabili o malati, tutti coloro che vivono quotidianamente la dimensione della solitudine. Come? Con un po’ di compagnia da parte di volontari che mettono a disposizione il proprio tempo per far sentire meno soli gli altri, ma forse anche se stessi. Lo fanno consapevoli dell’arricchimento personale e sociale che deriva dall’avvicinarsi e conoscere vite e persone che prima non vedevano e di cui non si interessavano. 

L’obiettivo della Fondazione è creare una rete contro la solitudine in cui tra volontari e utenti nascano relazioni umane, che in questo periodo sono diventate sempre più difficili da creare e mantenere. La Fondazione Balducci Rossi, impegnata da circa vent’anni principalmente in Costa d’Avorio, ha sperimentato sulla sua pelle che non c’è aiuto più bello da donare che quello della compagnia, di una parola, di un saluto, di un atto di riconoscimento della reciproca umanità. L’ha appreso non nel cosiddetto “primo mondo”, il nostro, dove i beni materiali sono assicurati alla maggioranza della popolazione, ma addirittura in quello che chiamiamo il “terzo mondo” dove manca tutto e dove la Fondazione in sedici anni ha fondato e gestito un centro socio sanitario contribuendo a debellare problemi come malnutrizione, mortalità infantile e materna e Hiv. Anche nel posto più duro della terra, quello che rende felici le persone è sempre la vicinanza e il riconoscimento della reciproca umanità. Racconta il fondatore Tommaso Rossi che pur aiutando e assistendo le persone anziane nel villaggio di Yakassé in Costa d’Avorio con beni di prima necessità e cure mediche, nei volti di queste persone per anni non si vedevano che sguardi persi e quasi mai sorridenti o grati.
«Poi un giorno siamo andati a trovarli per capire qual era il problema. – racconta Rossi - Improvvisamente i loro volti si sono distesi, hanno abbandonato le forme contratte del passato e sono diventate facce serene e riconoscenti. “Siete venuti fin qui da così lontano per sapere chi sono e cosa ho fatto nella vita?”: ci ha detto un anziano». Non di solo pane vive l’uomo, ma di tempo e attenzione, del riconoscimento prima di tutto come essere umano. 

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