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Alzheimer, una nuova terapia per chi assiste un malato

Quando si parla di Alzheimer risulta essenziale considerare non soltanto il paziente demente, ma anche il suo caregiver, ovvero colui che se ne prende cura

La demenza di Alzheimer è spesso definita una malattia familiare, in quanto non colpisce solo l’anziano ma l’intera famiglia, la quale costituisce a tutti gli effetti, un contributo imprescindibile in termini di cura. Per questo motivo quando si parla di Alzheimer risulta essenziale considerare non soltanto il paziente demente, ma anche il suo caregiver, ovvero colui che se ne prende cura. Spesso si tratta delle figlie, in particolare per le pazienti femmine, oppure del coniuge, specialmente se il malato è maschio.

Come mai è così importante prendere in considerazione anche il familiare del malato? Che cosa accade di preciso? Come sappiamo, la demenza di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa, questo vuol dire che il malato, con il progredire del tempo andrà inevitabilmente incontro ad un deterioramento cognitivo e fisico. Di conseguenza il caregiver è chiamato a dedicarsi all’assistenza, per molte ore al giorno e questo lo conduce spesso a forti ripercussioni negative sulla sua salute mentale e fisica. Infatti, l’esposizione a fattori di stress quali i disturbi comportamentali, fisiologici e cognitivi del malato, può far emergere nel caregiver difficoltà psicosociali e comportamenti rischiosi per la salute, che si traducono inevitabilmente in sintomi ansiosi e depressivi, portando allo sviluppo di un malessere psico-fisico. Nel corso degli anni, sono emerse diverse tecniche di trattamento sui caregivers, prevalentemente con lo scopo di ridurre i sintomi fisici e psichici che quest’ultimi possono presentare. In particolare, si cerca di intervenire sul livello di stress presente e sulle risorse che il caregiver può utilizzare per far fronte alle situazioni problematiche. Inoltre deve essere presa in considerazione la possibilità di favorire un processo di accettazione della malattia e di tutti quei cambiamenti che inevitabilmente si sono manifestati nel malato e nella sua relazione con il caregiver.

Per quanto riguarda il raggiungimento di questo obiettivo, l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) sembra svolgere un ruolo importante. Si tratta di una nuova forma di psicoterapia cognitivo-comportamentale di terza generazione il cui obiettivo principale è quello di accettare ciò che è fuori dal controllo personale e impegnarsi nell’intraprendere azioni che arricchiscano la propria vita. L’ACT infatti, attraverso le sue tecniche, invita il caregiver ad accogliere e rimanere maggiormente in contatto con le proprie esperienze, anche se difficili, inoltre aiuta a considerare i propri pensieri come processi mentali e non necessariamente come una rappresentazione accurata della realtà. Un ulteriore processo patogeno, spesso presente in chi si prende cura di un malato con Alzheimer, è la tendenza alla ruminazione ovvero a pensare a quando il proprio caro stava ancora bene, oppure a preoccuparsi di come procederà la malattia e di cosa lui stesso dovrà svolgere per fronteggiare i momenti di crisi. Studi dimostrano che la ruminazione ha un impatto negativo sulla salute mentale e correla con elevati livelli di ansia e depressione e bassi livelli di soddisfazione per la propria vita. Per questo, l’ACT sembra essere particolarmente utile per favorire la possibilità di concentrarsi sul momento presente, vivendo nel qui ed ora e non nel proprio passato o futuro. Infine, un altro aspetto di questa terapia è porre l’enfasi sull’importanza di impegnarsi in comportamenti orientati verso i propri valori, insegnando al caregiver a non dover annullare completamente la propria vita per dedicarsi all’assistenza del malato. Gli esiti di questa psicoterapia sembrano essere davvero vincenti, infatti l’accettazione della malattia e delle proprie emozioni, l’utilizzo di un atteggiamento non giudicante e la possibilità di impegnarsi ad intraprendere azioni in direzione dei propri valori, permettono al caregiver di sperimentare più facilmente uno stato di benessere e di migliorare la sua qualità di vita.


Dott.ssa Serena Rabini: Psicologa clinica, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, Psicologa IPSE Ancona

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