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Mosconi contro Rana, patto con l'università per la grande sfida allo scaffale

L'azienda marchigiana, già forte sul mercato della pasta all'uovo secca, apre alla fresca e si allea con la Politecnica per ottimizzare i processi di produzione

Un fatturato da 30 milioni nell'ultimo anno. Un investimento da circa 3 per allestire il nuovo stabilimento di Ancona e in vista, entro il 2019, un ampliamento di quello storico a Matelica da far passare dagli attuali 6.800 metri quadrati a circa 13mila. Una realtà in piedi da 25 anni che dalle Marche sfida i colossi nazionali. Stiamo parlando della Luciana Mosconi, azienda che nel campo della pasta all'uovo secca contende il primato a Barilla e che ora si appresta a entrare in un nuovo campo contro un altro big dell'industria agroalimentare. Il campo è quello della pasta all'uovo fresca. Il campione, in questo caso, è Giovanni Rana. Sfida avvicente per la quale alla Mosconi hanno deciso di trovare un alleato forte per ottimizzare i processi produttivi. Di qui l'accordo con l'Università Politecnica delle Marche. Una collaborazione iniziata nel 2017 ma che è stata confermata da un nuovo accordo con con il Dipartimento di Ingegneria Industriale e Scienze matematiche. Il gruppo di ricerca, diretto dal professor Gian Marco Revel, ha monitorato le fasi di pastorizzazione, asciugatura, raffreddamento e confezionamento. L'obiettivo è quello di aumentare la durata del prodotto sopra i 50 giorni (per ragioni di logistica e di distribuzione) mantenendo le caratteristiche organolettiche delle materie prime della pasta fresca esaltando al massimo gli standard qualitativi. 

«Utilizziamo tutti prodotti italiani – ha spiegato Marcello Pennazzi, ad di Luciana Mosconi – farina di grano duro, uova, spinaci, le carni. La ricotta è di Colfiorito, la carne di maiale è marchigiana. Non aggiungiamo glutammato, pangrattato o conservanti. È una sfida avvincente, riteniamo di essere sulla strada giusta ma avevamo bisogni di un aiuto in più per avere un prodotto naturale ma da far competere in un mercato complicato». Da parte sua Revel, in passato e sempre con la Politecnica, si è occupato di aziende del settore delle ceramiche ma anche di città intelligenti e ambiente. «Ci siamo occupati – spiega – di misurare con sensori, tirare fuori dati e compararli: temperature, umidità. Questo settore ha tanti parametri che influiscono sulla qualità finale». Tra gli accorgimenti è stato adottato, ad esempio, un nuovo tipo di pastorizzatore verticale che permette una lavorazione in più lunghi ma a temperature più basse per lasciare inalterati sapori e qualità. «Quello che un tempo era la sola esperienza – ha concluso il rettore Sauro Longhi – oggi è sostituita da algoritmi. Questo è un esempio virtuoso di collaborazione con le attività produttive del territorio per  valorizzare la ricerca sulle sue ricadute pratiche».

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