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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Commercio: fatturato in calo per l'80% delle imprese anconetane

Nei primi sei mesi del 2012 é calato il fatturato e sono aumentati i costi delle atività commerciali e ristorazione della provincia. Lo ha rilevato un Osservatorio istituito dal Cna Commercio e Turismo di Ancona

Il primo semestre del 2012 si chiude con segno negativo per il commercio e i servizi di ristorazione della provincia di Ancona. E’ quanto emerge dalla nuova indagine seguita dall’Osservatorio istituito dalla Cna Commercio e Turismo della provincia di Ancona in collaborazione con il Centro Studi Sistema di Cna Marche. Tra le maggiori difficoltà incontrate nel corso del primo semestre figurano gli effetti della diminuzione dei consumi e della concorrenza dei centri commerciali, mentre le previsioni per la seconda parte dell’anno sono orientate ad una stabilità connotata da caratteristiche di stagnazione.

In un periodo di crisi, di cassa integrazione, di difficoltà nell’avviare nuove imprese e di abitudine nel leggere cartelli con scritto “chiuso per cessata attività”, diventa sempre più importante elaborare studi mirati e dettagliati. Per questo, Cna Commercio e Turismo ha ultimamente elaborato un’indagine sull’andamento congiunturale del commercio e dei pubblici esercizi della provincia di Ancona.

“Per non perdere nessun tipo di sfumatura – spiega Andrea Riccardi Responsabile provinciale Cna Commercio e Turismo – ho coordinato personalmente la raccolta dati attraverso un campione rappresentativo di imprese legate al commercio e pubblici esercizi della provincia. Ho inoltre impostato, con Giovanni Dini, direttore del Centro Studi Sistema, uno studio sulle dinamiche del territorio del primo semestre del 2012 e le prospettive degli imprenditori per i prossimi mesi”.

Nella sua analisi Riccardi snocciola qualche numero: “Il fatturato è stato registrato in diminuzione dall’80% delle imprese intervistate; è stato indicato come stabile dal 18% e in aumento solo dal 2%. Nello stesso periodo, i costi sono stati in aumento per il 69% delle imprese, stabili per il 24% e in diminuzione per il 7%. Questo significa che per buona parte delle imprese il calo del fatturato ha coinciso con un aumento dei costi provocando un nuovo abbassamento dei margini di guadagno e la compressione dei margini di redditività è probabilmente una delle cause della scarsissima diffusione delle attività di investimento. Importante specificare che l’andamento sfavorevole del fatturato si è riflesso solo in parte sulla dinamica delle rimanenze in magazzino, che sono cresciute per il 22% delle imprese, sono risultate in calo per il 24% e stabili per il 54%”. “Tra le maggiori difficoltà incontrate dalle imprese – continua Giovanni Dini del Centro Studi – sono stati segnalati gli effetti della diminuzione dei consumi (rilevanti per il 36,4% delle imprese, discreti per il 41,8%), della concorrenza dei centri commerciali (rilevanti per il 29,1% e discreto solo per il 14,5%), mentre il costo dei carburanti rappresenta una difficoltà rilevante solo per il 18,2% e discreta per il 21,8%”. 

Le attese per la seconda metà del 2012 sono orientate soprattutto alla stabilità (oltre la metà dei casi) e per oltre un terzo delle imprese intervistate ad una ulteriore diminuzione di fatturato e consumi.

“Si deve osservare che la condizione di stabilità – precisa Andrea Riccardi – si configura in questa fase di crisi piuttosto come stagnazione su bassi livelli che non come indicatore di capacità di tenuta. Solo una parte assai ridotta delle imprese prevede aumenti di fatturato (13% dei casi) e dei consumi (9% delle imprese). La prevista prevalenza della condizione di stabilità dei prezzi riflette ampiamente le difficoltà della domanda, tale che prezzi di vendita in diminuzione sono previsti da un quinto delle imprese”.

Dall’indagine condotta dalla Cna Commercio e Turismo emerge infine che le previsioni di nuove assunzioni riguardano meno del 6% delle imprese e fortunatamente tale quota è anche quella delle imprese che prevedono licenziamenti. Ciò significa che l’occupazione è attesa rimanere stabile, probabilmente a ragione del fatto che il suo livello è già quello minimo, reso adeguato nel corso di questa lunga fase di crisi.  
 

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