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Imprese e rifiuti urbani, Cna: «Provvedimento assurdo»

L'associazione di categoria ritiene opportuno muoversi con prudenza in merito alla comunicazione

La Cna denuncia: «Il legislatore pretende che l’impresa sappia con un anno di anticipo i rifiuti che produrrà e debba scegliere e vincolarsi per cinque anni tra la raccolta pubblica urbana e quella di mercato, senza avere termini di comparazioni economici certi».

«Siamo alle prese con uno dei peggiori provvedimenti mai licenziati - si legge nella nota di Cna Ancona -  in cui incertezza e confusione ha creato un’autentica contrapposizione tra pubblico e privato in un ambito complesso e delicato, che andava concertato e compensato in tempi utili ad evitare pasticci e che, dopo essersi battuta per evitare il triste epilogo, la Cna è costretta a bollare e rispedire al mittente come incomprensibile ed inapplicabile». Il comunicato prosegue: «Particolarmente assurda appare la comunicazione prevista dall’articolo 30 comma 5 del Decreto legge sostegni definitivamente approvato e pubblicato nella gazzetta ufficiale del 21 maggio. Nella versione finale, la norma prevede che “La scelta delle utenze non domestiche di cui all'articolo 238, comma 10, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, deve essere comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 30 giugno di ciascun anno, con effetto dal 1 gennaio dell'anno successivo. Solo per l'anno 2021 la scelta deve essere comunicata entro il 31 maggio con effetto dal 1 gennaio 2022» 

Relativamente a tutto ciò la Cna «ritiene assurdo ed incomprensibile il fatto che, pur essendo stato posticipato al 1 gennaio 2022 l’effetto di tale disciplina, si è deciso di mantenere, per l’anno 2021, la data del 31 maggio entro la quale le imprese che producono rifiuti urbani devono comunicare la scelta di avvalersi o meno del servizio pubblico. A tal proposito bisogna precisare che tale comunicazione non consiste in un adempimento sanzionabile, ma rappresenta lo strumento attraverso il quale i Comuni acquisiranno le informazioni necessarie ad organizzare il servizio pubblico ed effettuare la conseguente programmazione economico/finanziaria, anche ai fini della determinazione delle tariffe della Tari».

Dunque, «stante la situazione attuale, si intravedono le tre seguenti fattispecie: coloro che sono già sono nelle condizioni per optare per una gestione dei propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico e, dunque, sono nelle condizioni di procedere con la comunicazione al Comune. Poi le imprese che opteranno per il servizio pubblico e che quindi possono non comunicare nulla, poiché la circolare del MITE aveva esplicitamente indicato che la comunicazione riguarda i rifiuti che l’azienda decide di conferire al di fuori del servizio pubblico. Infine le attività incerte, che non sono in condizione di inviare la comunicazione, rispetto alle quali la Cna si impegna a verificare successivamente le soluzioni da adottare, tenuto conto che riteniamo illegittima e non vincolante tale comunicazione e che proseguiremo nei tentativi di modifica normativa. Insomma, di fronte a tale quadro normativo, l'associazione di categoria ritiene opportuno muoversi con prudenza, invitando le imprese a fare la comunicazione solo nel caso in cui siano nelle condizioni cognitive di operare in tal senso, poiché si limiteranno così i potenziali contenziosi con i Comuni, che evidentemente tenteranno di tutto per riportare sotto TARI quanto più possibile anche le attività non domestiche». Al tempo stesso «la Cna farà come al solito tutto il necessario per fare chiarezza normativa, ricomporre le conflitti generati, lavorare con gli Enti preposti, Ata e Comuni al fine di contenere al massimo i costi della raccolta urbana a carico delle imprese, creando altresì condizioni agevolate per smaltire eventualmente i rifiuti con il ricorso ad operatori privati».

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