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Suicidio assistito, Mario può morire ma deve pagare 5mila euro tra farmaci e apparecchiature

Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato una raccolta fondi per aiutare Mario a sostenere le spese necessarie

ANCONA - “Mario”, 44 anni marchigiano completamente paralizzato da 12 anni a causa di un incidente stradale, «è la prima persona che può legalmente scegliere il suicidio medicalmente assistito in Italia. In assenza di una legge, però, lo Stato italiano non si fa carico dei costi dell'assistenza al suicidio assistito. Non eroga il farmaco, non fornisce la strumentazione idonea, non fornisce il medico: per poter finalmente scegliere sulla propria vita deve sostenere una spesa di circa 5mila euro in apparecchiature e farmaci. In particolare, c'è bisogno di uno strumento infusionale che costa 4.147,50 euro». Lo fa sapere l'associazione Luca Coscioni in una nota.

Per questo l’Associazione Luca Coscioni «ha lanciato una raccolta fondi per aiutare Mario a sostenere le spese necessarie. Il ricavato della donazione permetterà a Mario, quando vorrà, e ad altre persone nelle sue condizioni, di esercitare il diritto di scegliere di porre fine alle proprie sofferenze».

«A oltre due anni e mezzo dalla sentenza della Corte costituzionale, in osservanza del giudicato costituzionale il compito del Servizio Sanitario Nazionale si esaurisce con le verifiche delle condizioni e delle modalità e il parere del Comitato etico. Aziende sanitarie che rispondono, se rispondono, con tempi lunghissimi ignorando la sofferenza di chi chiede di poter accedere al suicidio assistito legalmente in Italia» hanno dichiarato Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente tesoriere e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. «Il Parlamento potrebbe trovare una soluzione, ma il testo è insoddisfacente ed è insabbiato al Senato. Per non fare ricadere l'onere anche economico sulle spalle di Mario e, per il futuro, dei malati nelle sue condizioni abbiamo dunque deciso di farci noi promotori della raccolta dei fondi indispensabili. Esercitiamo così una vera e propria supplenza all'incapacità dello Stato italiano di farsi carico del diritto dei propri cittadini di non subire condizioni di sofferenza insopportabile e contro la propria volontà». 

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