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Mario chiede di poter morire, Speranza: «Le Asl garantiscano il suicidio assistito»

In una lettera alla Stampa il ministro alla Salute è tornato sul tema. Contrario il popolo della Famiglia che replica duramente alle sue parole

Il ministro Roberto Speranza, con una lettera pubblicata sul quotidiano La Stampa, ha risposto al 43enne tetraplegico di Ancona che da tempo combatte la sua battaglia per poter veder applicata su di lui la sentenza della Corte di Cassazione sul suicidio assistito.

Speranza ha sottolineato come la Asl marchigiana sia tenuta ad applicare quanto definito dalla Consulta nel 2019. «In assenza di una regolazione legislativa più generale della materia, di cui pure ha ribadito la necessità, la Consulta ha stabilito che una persona, qualora ricorrano i quattro requisiti sopra riportati e che il comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l’assistenza al suicidio medicalmente assistito». Da qui l’invito alla Asl marchigiana a rispettare le volontà di Mario (nome di fantasia). «Ora continueremo a lavorare in silenzio - prosegue la lettera - per ciò che il governo può fare nell’ambito delle sue competenze, per consentire l’applicazione più uniforme possibile, al di là di ogni legittima posizione politico-culturale, della sentenza della Corte Costituzionale, nel rigoroso rispetto dei requisiti molto chiari e stringenti che essa ha stabilito». Per il momento, Speranza spiega che l’interlocuzione con le Regioni sarà capillare e approfondita affinché tutti gli operatori sanitari del servizio pubblico si attengano alle indicazioni date dalla Corte di Cassazione nel 2019.

Popolo della Famiglia «dice no»

Mario Adinolfi, presidente nazionale del Popolo della Famiglia, dice la sua sul tema e risponde con una nota alla lettera: «Dal ministro Speranza arrivano parole gravi che annunciano di voler mettere in atto soppressioni di esseri umani sul territorio italiano, pur riconoscendo l’assenza di un quadro normativo. Speranza vuole scaricare l’onere della tragica decisione senza ritorno sulle Asl, ma questo sarebbe un comportamento politicamente ed eticamente irresponsabile. Il Popolo della Famiglia presidierà il territorio affinché nessun omicidio, mascherato da suicidio assistito o da eutanasia, sia perpetrato sul territorio nazionale prima che il Parlamento si pronunci sul tema. Le cruciali questioni bioetiche non si risolvono per sentenza ma con decisioni chiare assunte dal popolo italiano attraverso i suoi legittimi rappresentanti. Ogni altra scorciatoia sarebbe un sopruso grave rispetto al principio chiave dell’ordinamento giuridico italiano che vede nella vita umana un bene indisponibile».

Aggiunge Fabio Sebastianelli, coordinatore regionale per le Marche del Popolo della Famiglia: «Il Popolo della Famiglia Marche unisce la sua voce a quella del Presidente Nazionale e ricorda che l'art.5 del Codice Civile, che si rifà all'art.32 della Costituzione, vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando essi cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica. È palese che gli effetti della morte rispondono a quanto scritto nell'articolo per cui Il ministro cambi la legge, assumendosi la responsabilità della morte delle persone che usufruiranno della stessa, o si astenga da simili affermazioni. La ASL di Ancona è la prima che concretamente potrebbe autorizzare un omicidio. Se ciò accadesse, il Popolo della Famiglia si opporrà a tale barbarie anche fisicamente se necessario».

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