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L’incidente e la battaglia contro le piaghe: "Afo" regala il super letto all’ospedale 

Il dispositivo da 50mila euro permette di prevenire la formazione di piaghe da decubito. E' il regalo di un giovane ex paziente

Si chiama letto fluidificato e permette al paziente di azzerare il peso del paziente durante la degenza post-operatoria. Praticamente di farlo “galleggiare”. Il gioiellino da 50mila euro permette in questo modo di prevenire la formazione di piaghe da decubito nei pazienti che hanno subìto un intervento chirurgico. A Torrette ce ne sono due, uno è il regalo della famiglia Tavassi che proprio a Torrette ha trovato le cure risolutive per l’odissea di Alfonso. 

Alfonso Tavassi, 19 anni di Napoli, ha subito un incidente in scooter nel 2015, riportando una lesione midollare. Da allora è costretto alla sedia a rotelle e dopo 3 anni di impossibilità a muoversi sono comparse le prime piaghe da decubito. «Da allora non siamo più riusciti a controllarle» spiega Alfonso: «Non mi facevano male, perché io non ho sensibilità, ma sono un problema e possono diventare pericolose perché possono andare in profondità e vanno medicate di continuo. In 3 interventi chirurgici non sono mai riuscito a risolvere il problema, poi c’è stata consigliata la struttura di Ancona dove, grazie a un letto fluidificato vecchio modello, ho trovato la soluzione giusta». Quel letto è stato sostituito da un modello più recente al quale è appena stato affiancato un secondo dispositivo nella "Stanza di Afo", intitolata proprio al 19enne campano: quest'ultimo è stato acquistato da Francesco Tavassi e Cira De Rosa, genitori di Alfonso, per 50mila euro. Pesa 700 chili e nella clinica di Chirurgia Plastica e ricostruttiva è stato perfino necessario rinforzare il pavimento per sostenere la struttura. Il letto è arrivato a Torrette tramite la fondazione Ospedali Riuniti ed è un ringraziamento “hi-tech” per il reparto gestito da Giovanni Di Benedetto dopo l’intervento portato a termine dal professor Alessandro Scalise e dalla sua equipe. Con due letti fluidificati, l’ospedale regionale potrà trattare pazienti con ustioni di media gravità, gestire i grandi obesi e pazienti che dovranno sostenere lunghi e delicati periodi post-operatori. «Se non avessi incontrato queste persone forse non sarei mai riuscito a risollevarmi in questa maniera- commenta Alfonso- il nostro impegno non finisce qui, ci impegneremo per far conoscere questa struttura». Papà Francesco racconta un aneddoto che riguarda mamma Cira: «Quando siamo tornati a Napoli lei andò in crisi, diceva di aver “perso il suo ospedale”. Aveva ancora bisogno di essere aiutata e tranquillizzata. Io sono un imprenditore e credo che una parte degli utili debba andare a chi ha bisogno di stare meglio, questa struttura metitava la donazione». E proprio Cira De Rosa risponde ai numerosi “grazie”: «Nessun ringraziamento ricevuto sarà grande quanto quello che facciamo noi a queste persone».

«Viviamo di gesti come questo- ha detto il dg dell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona, Michele Caporossi- se ci fosse solo l’approccio negativo, quello di mettere in difficoltà chi eroga servizi, non si andrebbe lontano. Questo è l’esempio di cosa può fare la collaborazione tra il pubblico e il privato». Gian Luca Gregori, Rettore dell'Università Politecnica delle Marche: «E' stato un atto di generosità non scontato, perché non c’è sempre questo approccio di riconoscenza». Marcello D’Errico, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia: «Dobbiamo essere orgogliosi di vivere in un Paese come questo dove ci sono volontariato, fondazioni e un servizio sanitario tra i migliori al mondo». 
 

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