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Il ragazzo con la discoteca in bocca, JBeat è campione italiano di beatbox

A 11 anni ha scoperto il beatbox, cioè l’arte di riprodurre i suoni degli strumenti musicali con la sola voce. Di strada ne ha fatta e ora non vuole fermarsi

A 11 anni grazie a internet ha scoperto il beatbox, cioè l’arte di riprodurre i suoni degli strumenti musicali con la sola voce. Ha provato a farne la sua arte prima davanti allo specchio della cameretta, poi davanti ai compagni di scuola durante un’assemblea d’istituto dove ha stupito tutti. Oggi John Michael Mawushie, 21enne di Castelfidardo, è il campione nazionale di Beatbox. Forse lo conoscete come JBeat, il suo nome d’arte, e nel 2020 rappresenterà l’Italia contro i migliori del mondo nella “Grand beatbox battle” di Cracovia. L’immediato futuro invece lo vedrà proprio oggi a Bologna, in qualità di giudice in una “battle” regionale mentre a breve pubblicherà il suo primo brano inedito con la collaborazione di Alien Dee, pioniere del beatbox italiano e di un altro big della disciplina, Dj Fast Cut. Anticipazioni? No. Il beatbox è uno dei quattro elementi del movimento artistico, culturale e politico HipHop e ha la finalità di veicolare messaggi positivi e produttivi per la società: «Tutti i messaggi nella nostra società sono finalizzati all’opposto, i bambini crescono con prese di posizioni futili e mirate a cose senza senso».

Il titolo nazionale è arrivato il 28 luglio scorso a San Benedetto del Tronto, JBeat si è iscritto come tanti altri artisti e alla fine è risultato il più bravo d'Italia: «Avevo già vinto altri 5 o 6 titoli nazionali che però non avevano carattere ufficiale. All' Italian Beatbox Family Championship invece c'era una giuria dall'estero, severa da una parte ma anche molto aperta. Sai, essendo artisti c'è sempre un divario tra professionalità ed essere alla mano con gli altri». Il beatbox è un hobby? Non proprio, dietro l’arte di John c'è una preparazione tecnica vera e propria di metriche, armonie e altro: «Ho studiato al liceo musicale, quindi di ho un background non da maestro ma neppure da emergente, di musica un po’ ne capisco e cerco di affiancare la tecnica al mio bagaglio artistico e personale». John è prossimo all’iscrizione al conservatorio di Cesena o Rovigo e la scoperta di questa particolare disciplina risale a una decina di anni fa: «Nasco come batterista, suono la batteria da quando ho 9 anni e poi ho scoperto il beatbox tra i 10 e gli 11 anni. Su internet ho visto queste persone che si esibivano e ho detto “cavolo, voglio farlo anche io”». Gli inizi non sono stati proprio incoraggianti con il piccolo John che simulava improbabili suoni davanti allo specchio, poi è arrivata la prima esibizione in pubblico: «E’ stato ad Ancona, durante un’assemblea d’istituto al mio liceo, il Rinaldini. Ho preso il microfono, ho fatto 30 secondi di beat e la gente mi ha detto “scusa, puoi rifarlo?”. All’inizio non avevano capito cos’era, mentre invece io avevo realizzato che era una cosa fatta bene e poteva essere un modo di divertire ma anche su cui poter lavorare per renderlo professionale».  A breve JBeat diventerà maestro di beatbox in due scuole musicali di Falconara e Ancona, non male per un 21enne: «Se consideri 2Pac (uno dei più influenti rapper di sempre, scomparso prematuramente) io non sono niente. Lui a 25 anni ha fatto circa 3000 canzoni e diversi premi, è vero che posso sembrare ancora piccolo ma “tempus fugit” e ogni occasione va presa e sfruttata al massimo». Tra due anni JBeat parteciperà al “Grand beatbox battle 2020” di Cracovia, praticamente il campionato del mondo e grazie al titolo nazionale accederà di diritto ai gironi saltando le selezioni. Il giovane fidardense di padre ganese e madre filippina però mastica musica a 360 gradi. Fa parte di un collettivo chiamato Knowledgment insieme al rapper emergente osimano Ale. Suona anche in un gruppo jazz chiamato Dope 3 insieme a tre maestri di conservatorio (Emilio Marinelli, Gabriele Pesaresi e Stefano Paolini) e con il quale 2 anni fa ha registrato un disco a Praga: «Non ho aspettative, piuttosto obiettivi. Da Praga il nostro contatto si è spostato a New York quindi, di logica, dovremmo andare a suonare anche negli Stati Uniti. Ad aprile invece suoneremo a Monaco».
 

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