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Al punto vaccini, lo sfogo della dottoressa: «Veniamo in pace, fatelo anche voi»

Il medico impegnato a somministrare ogni giorno centinaia di sieri anti Covid al centro Paolinelli si sfoga in un post sui social. Tra insulti, superficialità e scarsa empatia delle persone che si sottopongono al vaccino, descrive la sua giornata tipo

Alla fine di turni massacranti, dopo ore e ore passate dietro mascherine e visiere protettive, la stanchezza può prendere il sopravvento soprattutto se, dall’altra parte, ci sono persone come quelle che descrive questa dottoressa impegnata nella campagna di vaccinazione in un lungo post su Facebook. La giornata al centro vaccinale Paolinelli può iniziare male: «senza nemmeno rispondere al buongiorno - scrive il medico - chiedendo: “Che vaccino me fate? Cosa ch’avete oggi?”». Tante delle persone che devono sottoporsi al vaccino «stanno un’ora a recriminare sul sistema e su quello che la tv dice. Prontamente iniziano con "io non sono medico, ma ho letto, ho sentito"». Poi aggiunge: «Quando ti accomodi sulla seduta di fronte a me, ti invito a farlo senza arroganza, pretesa, inciviltà, rabbia. Ricordati che non sto lì a vendere le pere e le mele, ma accolgo la tua volontà di ricevere la possibilità di immunizzarti e di evitare che ti possa ammalare di Covid. Quindi siediti, cortesemente rispetta il mio ruolo, mettimi nella condizione di poter fare il mio lavoro, predisponiti all’ascolto così come faccio io con te e accogli le mie risposte. Dopodiché, sempre con garbo, accetta o rifiuta l’idoneità che ti propongo sulla base delle tue condizioni di salute in confronto a quelle degli altri. Ci sono disposizioni a cui devo attenermi per cercare di far stare bene tutti e non solo te. Noi veniamo in pace, vorremmo lo faceste anche voi». 


C’è chi supera il limite in una situazione d’emergenza come questa e non risparmia «insulti, minacce e scorrettezze che non fanno parte della mia professione e soprattutto della mia persona. Il mio operato è quello di vaccinare, non di convincere, non di difendermi». Poi ci sono loro, i furbetti: «Con me hanno vita breve  - prosegue - sarò sempre corretta e inflessibile sulla base di quello che riteniamo sia opportuno fare. Sai cosa c’è dietro ai tuoi due passi che fai con il bigliettino in mano? C’è studio, aggiornamento continuo, pazienza, 700 persone al giorno, tavoli di diluizioni, scongelamenti, dati da inserire, anamnesi da fare, moduli da controllare, analisi, farmaci, patologie da valutare, emergenze, somministrazioni, controlli, prenotazioni, richieste, accettazioni, rispetto dei tempi e dei turni, file di persone a fine turno da consolare, attese di forniture, controllo della refrigerazione, presenza per chi ha attacchi di panico, parole di conforto. Ecco perché se dopo quel tempo che ti dedico e che non viene apprezzato, non noti più il mio sguardo su di te è perché l’ho già rivolto a quell’utente, magari in carrozzina, che aspetta la dose che non vuoi tu». 

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