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Venerdì, 19 Aprile 2024
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E' immobilizzato da 18 anni, l'appello di Fabio allo Stato: «Aiutatemi a morire»

È il terzo italiano a chiedere il suicidio assistito dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul caso di dj Fabo. L'associazione Luca Coscioni: «Aspetta da due mesi una risposta»

PESARO - «Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno, la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire». È l’appello lanciato da Fabio Ridolfi 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino), che da 18 anni è immobilizzato a letto a causa di una rottura dell'arteria basilare. Un grido d'aiuto a cui ha dato visibilità l'associazione Luca Coscioni che sta offrendo assistenza legale alla famiglia affinché Fabio possa ricorrere al suicidio assistito nel rispetto di quanto sancito dalla Corte Costituzionale per il caso di Fabiano Antoniani (dj Fabo). Proprio l'associazione Coscioni ha pubblicato sui suoi canali social il videoappello di Ridolfi che ha voluto rendere noto il suo nome e il suo volto, come decise di fare già dj Fabo nella sua battaglia per vedersi riconosciuto il diritto a smettere di soffrire. Fabio può muovere solo gli occhi, ma riesce a comunicare grazie a un puntatore oculare. Viene alimentato artificialmente e curato dai genitori. Nel video si rivolge direttamente allo Stato: "Aiutami a morire". 

La storia di Fabio Ridolfi 

La vita di Fabio Rinaldi è cambiata per sempre nel 2004. Una domenica sera, 5 giorni prima di compiere 28 anni, il giovane viene colto da un malore improvviso mentre si trova a casa dei genitori. Nulla di doloroso, ma è evidente che qualcosa non va: ambulanza, pronto soccorso, ospedale, esami. Un'emorragia di un'arteria nel cervello gli ha provocato una tetraparesi irreversibile. Riesce a muovere solo gli occhi. «Già nell'ottobre del 2006" spiegano dall'associazione Coscioni, Fabio "chiese pubblicamente di essere aiutato a morire, senza essere ascoltato dalle istituzioni". Nel 2020, dopo la vicenda di Fabiano Antoniani, scopre che "è diventato possibile, per le persone nelle sue condizioni, ottenere aiuto medico alla morte volontaria e porre fine alle proprie sofferenze». 

«Fabio aspetta da due mesi che venga accolta la sua richiesta»

Così, visto quanto stabilito dalla Consulta, chiede a suo fratello Andrea di avviare le pratiche burocratiche per chiedere il suicidio assistitito. È il terzo italiano a farne richiesta, dopo Mario e Antonio, nomi di fantasia di due malati tetraplegici. "Dopo più di un anno" si legge nel post dell'associazione Coscioni, "può quindi rivolgersi all'Asur (azienda sanitaria unica regionale, ndr) per ottenere le verifiche del suo caso e il parere del Comitato etico". Oggi, immobilizzato a letto aspetta da oltre due mesi che le istituzioni rispondano alla sua richiesta. «Fabio chiede di porre fine alle sue sofferenze in modo indolore, con le modalità più veloci e rispettose della sua dignità" dicono Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. "È un suo diritto, sulla base della sentenza della Corte costituzionale nel caso Cappato/Antoniani. Ancora una volta, come già successo con Mario e Antonio, il ritardo dell'Asur nel rispondere alla sua richiesta, in violazione degli obblighi di legge, comporta sofferenze che per Fabio sono da anni insopportabili».

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