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Lavoro, la strada è tracciata: «Sosteniamo la “Restanza Artigiana” delle Marche»

Il direttore di CNA Ancona Massimiliano Santini ha parlato di identità imprenditoriale in riferimento ai capitali stranieri

Massimiliano Santini, direttore di CNA Ancona, ha parlato di artigiani, capitali stranieri e identità dell’imprenditorialità territoriale. Il tutto in un momento tanto particolare come quello che stiamo vivendo

«È noto, quasi da diventare retorica: le Marche sono la regione più artigiana d’Italia. Un fazzoletto di terra al centro del Paese che presenta un alto tasso di imprenditorialità diffusa e radicata nei tipici distretti produttivi, dove da un lato cresce un'imprenditorialità poco incline alla valorizzazione di se stessa, ma da sempre seria ed operosa, e dall'altro si accentua una differenziazione identitaria sociale ed economica tra nord e sud. Un quadro economico che purtroppo si è degradato negli ultimi anni anche nella vana (ed errata!) ricerca del “nemico pubblico numero 1” dello sviluppo: le micro e piccole imprese. Di recente la Fondazione Merloni e l’Università Politecnica delle Marche hanno posto di nuovo al centro del dibattito la necessità di andare verso una maggiore capitalizzazione e “managerializzazione” del nostro tessuto imprenditoriale, auspicando altresì diffuse e crescenti contaminazioni tra aziende locali e investimenti da fuori. Questa visione, seppur talvolta condivisibile ed auspicabile, risulta di fatto prematura e decisamente lontana dalle priorità del nostro tessuto imprenditoriale, che presenta invece una chiara e profonda connotazione familiare. Chi respira l'aria delle nostre imprese (qualcuno la chiama “economia reale”) sa che prima di imprimere un’accelerazione all’approccio manageriale, è assolutamente necessario affrontare, favorire e sostenere un condiviso, efficace e sostenibile passaggio generazionale».

Ancora: «Dall'osservatorio quotidiano di CNA si nota come anche nel nostro territorio esista un fenomeno piuttosto diffuso di “consolidamento” del profilo societario aziendale. I nostri artigiani, oramai imprenditori con decenni di storia alle spalle, cercano una forma più solida finanziariamente, più competitiva nel mercato e più credibile verso il sistema bancario. E lo fanno, forti delle loro enormi potenzialità e spinti dall’orgoglio, attraverso un percorso di crescita spontaneo e consapevole ma che va reso solido e sostenibile con lungimiranza, attraverso l'impegno delle istituzioni, delle associazioni, del sistema bancario con particolare riferimento allo strumento straordinario del Confidi. Questa “consapevolezza artigiana”, vero DNA economico marchigiano, ci spinge con una mano ad unirci convintamente al plauso rivolto ad una delle poche industrie rimaste nel territorio, come la Ariston Thermo, per l'ingresso nel mercato “dei grandi” di Piazza Affari, ma con l'altra mano a ringraziare i tanti piccoli imprenditori terzisti, veri coprotagonisti di storie imprenditoriali lodevoli e complesse, che in mezzo secolo di “fatica” hanno garantito flessibilità e professionalità. Questi esempi non possono però che essere delle eccezioni, la “regola” è un'altra ed è fatta di migliaia di imprese meno blasonate ma altrettanto performanti che resistono, crescono e continuano a crederci a dispetto di tante difficoltà. Sono l'orgoglio del nostro territorio. Li abbiamo definiti “metalmezzadri”, ma sono stati i veri capitani di impresa del secolo scorso. Coloro che, oltre gli stereotipi e i pregiudizi, hanno permesso a questa terra di essere quello che è oggi».

In conclusione: «Anziché auspicare acquisizioni e fusioni, in cui come noto le nostre attività recitano un ruolo spesso passivo, sarebbe necessario lavorare tutti insieme nel far emergere, sostenere e premiare con risorse e infrastrutture lo sviluppo diffuso e compatibile delle micro e piccole imprese. È la “Restanza artigiana”, quella volontà, spesso contro ogni logica manageriale, che spinge i marchigiani, con il loro spirito operoso e volitivo a colmare i vuoti lasciati da chi non crede più nel territorio o da chi non ne sa apprezzare le grandi qualità, a partire dai profondi valori che possiede. È arrivato quindi il momento di andare oltre le teorizzazioni di percorsi ideali, e “vaccinarsi” con una una sana dose di realismo costruita dentro i piccoli distretti produttivi, custoditi gelosamente dentro i confini comunali. Realtà profondamente nostrane, che conservano una orgogliosa genuinità, un'osmosi territoriale e una innata genialità».

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