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Pandemia, il cinema continua a pagare dazio. L'ira di Giometti: «Ancora discriminati tra mascherine e streaming»

Il grido di allarme è di Massimiliano Giometti del Multiplex. L’intero settore continua a pagare dazio alla pandemia. La nostra intervista

ANCONA- La ripartenza per tutti. O quasi. Perché dalle ultime misure varate dal Consiglio dei ministri ci sono ancora luoghi e categorie che risultano maggiormente penalizzati. Il cinema, ad esempio, continua ancora a pagare dazio alla pandemia attraverso una serie di misure che stanno mettendo in ginocchio le varie sale sparse in Italia. Massimiliano Giometti (nella foto sotto), responsabile della direzione commerciale e tecnica anche del Multiplex di Ancona, ha focalizzato l’attenzione su vari aspetti a cominciare naturalmente dal tema mascherine:

«Non mi aspettavo la proroga fino al 15 giugno, speravo in un alleggerimento a dir la verità. Queste misure non ci aiutano e ci discriminano rispetto ad altre attività. Attività dove, tra l’altro, c’è anche un controllo minore rispetto al cinema dove siamo giustamente tenuti a cambiare aria tantissime volte al giorno. Certi meccanismi non so spiegarmeli. Con l’uscita di scena del Green pass qualcosa si potrebbe recuperare ma in questi mesi siamo stati soggetti ad enormi spese di personale, attrezzatura anti-Covid. I costi si sono elevati in maniera esponenziale».

 Giometti copertina-2Il vero problema, tuttavia, risulta essere un altro: «Quello che ci sta distruggendo sono le finestre di sfruttamento del film, il cosiddetto sistema delle windows. Con la precedente legge del 2012 i film con contributo Mibac potevano godere di un’esclusiva al cinema di 105/120 giorni prima di passare alle piattaforme a pagamento e poi gratuite. Sotto Covid questa legge è stata azzerata in quanto i cinema erano chiusi. Oggi abbiamo una finestra addirittura di 90 giorni, siamo diventati mezzi pubblicitari gratuiti per le piattaforme. Che senso ha venire al cinema a vedere un film se lo stesso dopo neanche tre mesi è liberamente disponibile da casa? In Francia c’è stata una rivoluzione e i cinema hanno ottenuto l’esclusiva di quindici mesi anche sulle produzioni straniere. Da noi fanno fatica a cambiare i tre mesi. Cosa chiediamo? Almeno il doppio del tempo, così è solo pubblicità per le piattaforme».

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