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Biologia conservativa, l'analisi e il report nelle Marche

Presentati i risultati del II anno di sperimentazione di “Agribiocons”, il progetto dedicato all’applicazione di tecniche agricole biologico conservative nei sistemi colturali marchigiani

Presentati i risultati del II anno di sperimentazione di “Agribiocons”, il progetto dedicato all’applicazione di tecniche agricole biologico conservative nei sistemi colturali marchigiani. Il progetto è cofinanziato dal Programma di Sviluppo Rurale della Regione Marche e vede come partner la Società Agricola Biologica Fileni (capofila), l’Università Politecnica delle Marche, l’impresa AEA del gruppo Loccioni, la Società Agricola Agri Blu di Zingaretti e Soci SS ed Arca Srl Benefit.

Nei giorni scorsi un convegno, tenutosi all’interno dell’azienda Gagliardini a Monte Roberto, e due sessioni dimostrative in campo hanno coinvolto un gruppo di agricoltori del territorio, che hanno potuto conoscere da vicino i primi risultati delle sperimentazioni, che includono minime lavorazioni, uso di colture di copertura (cover crops) e consociazioni colturali. «Siamo molto orgogliosi di far parte di Agribiocons perché il rispetto per il suolo e per il nostro territorio sono una parte fondamentale del modo di fare impresa per Fileni – ha affermato Massimo Fileni, vicepresidente del Gruppo Fileni, capofila del progetto - Non è un caso che uno dei punti chiave del nostro Manifesto di Sostenibilità reciti proprio "Scegliamo di rigenerare la terra"».

«Nonostante l'annata caratterizzata da elevata siccità, la consociazione grano tenero-leguminose da granella si è confermata una valida alternativa alle colture pure. Si conferma comunque la maggior sensibilità delle leguminose all'andamento meteorologico durante la stagione di crescita», ha spiegato Stefano Tavoletti, professore di Genetica Agraria dell’Università Politecnica delle Marche. La ricercatrice del Gruppo di Pedologia Dominique Serrani ha invece illustrato gli esiti delle valutazioni visive di suolo e pianta, spiegando che i risultati riguardanti le principali caratteristiche del suolo non hanno finora mostrato sostanziali variazioni tra le gestioni biologico tradizionale e biologico conservativo in termini di pH, carbonio organico totale, azoto totale e fosforo disponibile. Ciò è però in linea con le aspettative, poiché è noto che i processi di recupero del suolo sono lenti e necessitano di tempi lunghi.

Dopo il convegno, il pubblico è stato accompagnato dall’agronomo Simone Tiberi (ARCA Srl Benefit) ai campi sperimentali presso la Tenuta di Tavignano a Cingoli e l’azienda agricola Yesi Food a Jesi. Qui gli agricoltori hanno osservato lo sviluppo delle colture di copertura o ‘cover crops’, che garantiscono la copertura dei terreni nel periodo invernale. «Il 2° anno di applicazione in campo del modello agricolo biologico-conservativo e rigenerativo dell’ambiente ha mostrato risultati molto interessanti sia in termini di rese colturali che di costi.  Rispetto al 1° anno di coltivazione con questo metodo, abbiamo riscontrato una riduzione dei costi colturali e un aumento delle rese produttive in relazione al metodo biologico tradizionale, soprattutto nelle colture a ciclo autunno vernino (favino, orzo, trifoglio) – spiega Tiberi - Per quanto riguarda le colture a ciclo primaverile-estivo (girasole), invece, si evidenzia l’importanza di una corretta gestione delle colture di copertura, che rappresentano un investimento iniziale per l’agricoltore, largamente ripagato nel tempo sia in termini di controllo della flora spontanea che in termini di fertilità biologica del suolo. Tuttavia, ciò avviene solamente se le cover crops vengono ben gestite e inserite all’interno dell’avvicendamento colturale aziendale. Infine, posso affermare che il corretto utilizzo delle cover crops, abbinato all’uso di una nuova meccanizzazione, progettata ad hoc per la loro gestione nei terreni collinari marchigiani, rappresenta la chiave per il successo del modello agricolo biologico-conservativo e rigenerativo». 

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