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Adolescenti e idee di suicidio, come evitare una tragedia? Parola all’esperto

Sulla scia dell’episodio del Salesi lo psicoterapeuta Bartozzi ha affrontato la tematica del disagio nell’età adolescenziale che sta portando al terribile incremento dell’idea di suicidio

Il tentativo di suicidio del giovane quindicenne sventato al Salesi nella giornata di ieri (11 maggio) è solo l’ultimo dei casi che si stanno susseguendo da qualche tempo. Dal lockdown in poi, soprattutto per quel che riguarda le età adolescenziali, l’idea di farla finita con la vita – talvolta realizzata, talvolta fortunatamente no – è terribilmente aumentata nei pensieri dei giovani. Con lo psicologo e psicoterapeuta anconetano Raul Bartozzi abbiamo cercato di fare il punto della situazione focalizzandosi sulle motivazioni alla base di questa pericolosa deriva:

«Innanzitutto bisogna tener presente che nella fascia adolescenziale, già critica di suo, tendono ad emergere frequentemente diverse fragilità. Il suicidio diventa una via d’uscita per scappare da quegli stati di disagio che non sono più tollerabili. Più un soggetto e giovane e più dentro di lui ha meno risorse per combattere questi stati di ansia e si comprende come si tenda a ricercare la soluzione più facile da pensare. Quella del suicidio. Nei giovani, è brutto da dire, ma il suicidio rappresenta una delle principali cause di mortalità nel mondo».

Bartozzi spiega quelle che sono ritenute “le vie di fuga” per i giovani, alzando anche la soglia dell’attenzione in relazione ad altri episodi che sono successi negli ultimi giorni: «Ci si appoggia alle forme di distrazione tradizionali per lasciarsi indietro i problemi, dai videogiochi ad altre attività. Quando poi si esauriscono quelle vie di fuga si pensa ad altro, come al suicidio ad esempio. Non sempre, tuttavia, è il suicidio la conseguenza. C’è anche chi si procura un altro tipo di sofferenza come chi produce tagli sul proprio corpo o chi fa dell’autolesionismo diffuso. Questi sono i campanelli d’allarme che non vanno ignorati».

Chi può evitare la tragedia in sostanza? La famiglia, naturale. Ma anche le istituzioni scolastiche e sportive. Con alcuni, piccoli, accorgimenti: «Sin dalla scuola materna i bambini dovrebbero ricevere un’educazione emotiva – ha concluso Bartozzi – Per educazione emotiva si intende quella propensione al saper aspettare un premio, una gratificazione che permetta così di tollerare una situazione di frustrazione o di sconforto. Andrebbero date subito le basi, ed esiste un’apposita metodologia, per poi sviluppare l’emotività nelle età successive. Se questi strumenti non vengono costruiti allora i problemi saranno sempre maggiori».

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