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Peste suina e caccia al cinghiale, agli ambientalisti qualcosa non porta: attacco frontale alla Regione

Il sospetto delle associazioni è che la patologia sia arrivata in Italia non "per colpa" dei cinghiali. «Un pretesto per favorire la caccia?»

«Con il pretesto della Peste Suina Africana - che però al momento nelle Marche non è stata ancora riscontrata - e dei danni procurati dai cinghiali, in netta diminuzione, la Giunta regionale su proposta dell’assessore alla caccia Mirco Carloni ha approvato il P.R.I.U. – Piano Regionale di Interventi Urgenti, previsto dalla normativa nazionale». Lo scrivono le associazioni ambientaliste marchigiane ENPA - GRIG – Italia Nostra – LAC – LAV – LIPU – Lupus in Fabula – Federazione Nazionale Pro Natura – Forum Salviamo il Paesaggio – WWF Marche in una nota congiunta.  Il Piano prevede 4 novità sostanziali: incremento del 50% degli abbattimenti dei cinghiali rispetto alla media, caccia al cinghiale tutto l’anno, caccia nei mesi primaverili ed estivi e nelle aree demaniali dove la caccia è sempre stata vietata, autorizzazione a tutti i cacciatori patentati all’abbattimento dei cinghiali.  «L'assessore regionale alla caccia Carloni si conferma quindi essere un grande amico dei cacciatori, con una particolare predilezione per i cacciatori di cinghiali- continuano le associazioni- ancora una volta quindi le decisioni in materia venatoria, subito approvate dalla Giunta Acquaroli, non si basano su validi studi scientifici o motivate da dati certi e comprovati, ma si riducono ad accogliere e ad assecondare le richieste della parte che a noi sembra più retriva del mondo venatorio. Se il Piano straordinario è stato fatto per prevenire la peste suina, l’assessore Carloni, dovrebbe spiegarci come abbiano fatto cinghiali “piemontesi”, “liguri”, “umbri” e “laziali” ad ammalarsi se questa malattia è attualmente presente solo nell’Est Europa e in particolare in Romania?»

«Il sospetto- continuano le associazioni- è che la patologia sia stata importata in Italia attraverso altre vie, in particolare usando come veicolo di trasmissione indumenti infetti, scarponi, cani, trofei provenienti proprio da quei facoltosi cacciatori che sempre più numerosi vanno a caccia in Romania e in altri paesi dell’Est Europeo.E’ molto più probabile che la peste suina usi come trampolini di diffusione nel nostro paese, piuttosto che le popolazioni selvatiche, quegli allevamenti di cinghiali allevati allo stato brado, talvolta abusivi, dove le condizioni igienico-sanitarie spesso sono molto precarie, poi immessi nella filiera agroalimentare della carne di cinghiale, tanto magnificata dalla Coldiretti».

«E’ troppo facile prendersela con i cinghiali e trattarli come “capro espiatorio”- concludono le associaizoni- come se fossero loro gli “untori” della peste suina, mentre in realtà sono solo le “vittime” di un giro di affari sempre più redditizio rappresentato dalla caccia al cinghiale e dalla conseguente “filiera” commerciale basata sulla vendita dei capi uccisi durante le braccate.Se le cose però si dovessero mettere male e si dovesse essere costretti ad abbattimenti di massa negli allevamenti di suini, i primi responsabili sono proprio le Associazioni venatorie e la politica che in tutti questi anni, piuttosto che far guidare la gestione faunistica, in particolare quella del cinghiale da dati tecnici, ha sfruttato il grande consenso derivante da una politica asservita alle istanze venatorie».             
 

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