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Dichiarazione di Montreal: cos’è e di cosa si tratta

Un gruppo di ricercatori e accademici da tutto il mondo ha firmato la Dichiarazione di Montreal per i diritti degli animali. Scopriamo di cosa si tratta

Lo scorso 4 ottobre, in occasione del World Animal Day, oltre 450 accademiche e accademici specializzati in filosofia morale e politica, provenienti da 39 Paesi, hanno proclamato l’ingiustizia legata allo sfruttamento degli animali sulla base delle attuali conoscenze nei loro campi di competenza.

L’associazione Essere Animali insieme ad Animal Law Italia ha presentato la Dichiarazione di Montreal firmata dagli studiosi che fa luce sullo sfruttamento degli animali, e nella quale si legge:

"Siamo ricercatori nel campo della filosofia morale e politica. Il nostro lavoro è radicato in diverse tradizioni filosofiche e raramente ci troviamo d’accordo gli uni con gli altri. Siamo d’accordo, tuttavia, sulla necessità di una profonda trasformazione dei nostri rapporti con gli altri animali. Condanniamo le pratiche che implicano il trattamento degli animali come oggetti o merci. Nella misura in cui questo comporta violenze e danni inutili, dichiariamo che lo sfruttamento degli animali è ingiusto e moralmente indifendibile".

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Dichiarazione di Montreal: cos’è e di cosa si tratta

La Dichiarazione di Montreal si pone sullo stesso piano della già nota The Cambridge Declaration on Consciousness presentata nel luglio del 2012 che ha riunito un importante gruppo internazionale di neuroscienziati cognitivi, neurofarmacologi, neurofisiologi, neuroanatomisti e neuroscienziati computazionali dell'Università di Cambridge per rivalutare i substrati neurobiologici della coscienza e dei comportamenti degli animali.

In sostanza i ricercatori hanno dimostrato come i nostri amici a 4 zampe abbiano una coscienza, e che possono provare piacere e dolore proprio come noi esseri umani.

Tra i 450 accademici che hanno firmato la Dichiarazione di Montreal vi sono anche studiosi italiani come Simone Pollo, professore associato di Filosofia morale alla Sapienza Università di Roma, e Annalisa Di Mauro, ricercatrice in Filosofia morale, membro dell’EtApp (Laboratory for Applied Ethics Research) dell’Università di Genova e responsabile 'Ricerca e rapporti con l’università' di ALI – Animal Law Italia e Benedetta Piazzesi ricercatrice all’EHESS, la Scuola di studi superiori in scienze sociali di Parigi.

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Nel documento gli accademici hanno sottolineato che noi esseri umani siamo i primi a causare la sofferenza di un numero sempre più crescente di animali; e hanno continuato:

“È possibile evitare tutto ciò, ad esempio astenendosi dall'indossare pelle, dal partecipare a corride e rodei o dal mostrare ai bambini leoni in cattività negli zoo. La maggior parte di noi può già fare a meno degli alimenti di origine animale e rimanere in salute, e il futuro sviluppo di un’economia vegana renderà le cose ancora più facili. Da un punto di vista politico e istituzionale, è possibile smettere di considerare gli animali solo come risorse a nostra disposizione. La classificazione degli individui in base al possesso di capacità che, tra l’altro, non hanno alcuna rilevanza morale, somma ingiustizia a ingiustizia, se il metro per misurare tali facoltà risulta essere tarato su quelle che sono le nostre caratteristiche. Ogni individuo merita di poter sviluppare al meglio le proprie competenze, vivere pienamente la propria esistenza e ben vengano queste iniziative".

Gli animali maggiormente vittime di queste inutili e ingiuste sofferenze sono senza ombra di dubbio gli animali da allevamento intensivi, costretti a vivere in condizioni estreme di assoluta sofferenza. Si stima che vi siano circa 65 miliardi gli animali che muoiono in tutto il mondo proprio per produrre alimenti destinati al consumo umano, stiamo parlando di carne, uova e latticini.

Da ciò ne consegue che lo sfruttamento degli animali è fondamentalmente ingiusto. È quindi indispensabile adoperarsi per la sua scomparsa, puntando soprattutto alla chiusura dei macelli, al divieto di pesca e allo sviluppo di sistemi alimentari di origine vegetale.

La Dichiarazione si conclude con parole forti, ma allo stesso tempo estremamente giuste per il futuro e la conservazione di tutte le specie:

"Non abbiamo illusioni; l'abolizione dello sfruttamento degli animali non sarà un progetto realizzato a breve. In particolare, richiede la rinuncia a radicate abitudini speciste e la trasformazione fondamentale di numerose istituzioni. Crediamo, tuttavia, che la fine dello sfruttamento animale sia l'unico orizzonte condiviso che sia realistico e giusto per i non umani".

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