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Lizbeth, il lampadario di cravatte: quel geniale flop che diede vita a “Bobeche”

Il fallimento commerciale che ha dato vita e successo a uno dei "must" dell'artigianato anconetano

Era il settembre del 2012 quando a Firenze i riflettori erano puntati sulla Mostra internazionale di artigianato artistico. Da Ancona erano arrivate anche due appassionate di vintage, Silvia Mondaini e Graziella Dariozzi. Avevano portato diversi lavori tra cui una piantana perfettamente funzionante fatta con decine di cravatte anni ’50, 60 e ’70 raccolte in varie parte d’Europa e firmate dai più grandi stilisti. Fu un flop clamoroso. Dopo quei dieci giorni il 99,9% avrebbe abbandonato l’idea di mettersi a lavorare nell’artigianato vintage. Il restante 0,1% oggi si chiama “Bobeche” ed è un punto di riferimento nel settore ad Ancona e non solo. A settembre Silvia e Graziella hanno infatti restaurato circa 30 lampadari anni ’20 del Centro studi Leopardiani su incarico del Fondo Ambiente Italiano. 

Oggi la piantana Lizbeth è un pezzo da museo, non è in vendita. Silvia accarezza le cravatte come se la creazione fosse a tutti gli effetti una figlia: «Partiamo dal presupposto che tutti dicono che le donne non sanno scegliere le cravatte per gli uomini, ma noi consideravamo la cravatta un oggetto fortemente iconico anche perché ogni forma indica un periodo. Abbiamo raccolto cravatte da Italia, Francia e Germania prevalentemente in seta e datate tra il 1950 e il 1970 – racconta la Mondaini- abbiamo pensato a come collegarle con il nostro “core business” che è l’illuminazione». La vecchia piantana da outlet è stata quindi riadattata con due dischi di frizione per auto che bloccano il paralume al quale sono appese le cravatte. Un interruttore attiva la lampadina, et voilà: la lampada da salotto. «Nel vintage ti devi inventare, abbiamo reinterpretato qualcosa del passato in chiave moderna ma è stato un flop clamoroso in tutti i sensi- racconta Silvia- è come se le persone non riuscissero a distinguere la cosa trasformata dalla cosa vera, o la vecchia dalla rifatta. E’ stato un esperimento bellissimo, ma non è andata». Il pubblico, anche negli anni a seguire, ha preferito i lampadari realizzati con le tazzine da caffè ma le tre piantane che hanno seguito Lizbeth sono state smontate e le cravatte vendute per quello che erano. Cravatte di marca in pura seta. «L’aspetto creativo viene sottovalutato, spesso la gente diceva “che ci vuole, lo faccio anche io”- racconta Silvia amareggiata- il processo creativo si genera con anni di esperienza, se io creo qualcosa in 5 minuti è perché sono anni che faccio questo lavoro».  «Dopo Firenze chiunque ci avrebbe consigliato di non metterci in questo settore- conclude Graziella- noi invece abbiamo creato la nostra attività». 
 

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