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Università, donne rare a Ingegneria: meno del 18% a Meccanica e Informatica

L'Univpm presenta il Bilancio sociale e il supplemento di genere dal quale emerge che sono davvero poche le universitarie che scelgono la materie scientifiche

Ingegneria meccanica? Appena il 12% degli iscritti è di sesso femminile. Non va tanto meglio a Informatica con solo il 18%. In generale Ingegneria riesce davvero poche studentesse: il 27% stando al Bilancio Sociale e il Supplemento di Genere dell’Università Politecnica delle Marche presentato questa mattina dal rettore Sauro Longhi. «È evidente che c'è qualcosa che non va nella comunicazione - ha sottolineato il rettore - non esiste una genetica nell'attività che uno vuole e può svolgere». Anche per questo, al bis del Bilancio sociale già presentato lo scorso anno, si è voluto abbinare il Bilancio di genere. «Sul fronte dell’occupazione – ha detto Giulia Bettin, delegata del Rettore alle Pari Opportunità - come sappiamo esiste un problema serio, in termini di genere, per quanto riguarda il divario occupazionale e retributivo tra uomini e donne per i nostri laureati però il dato è in controtendenza rispetto alla media nazionale infatti il divario tra maschi e femmine nel tasso di occupazione e per la retribuzione è minore rispetto alla media nazionale». In totale la Politecnica ha 16,886 iscritti ai corsi di studio nell’anno accademico  2017/2018. Sono 8.558 maschi e 7.032 femmine ma tra una facoltà e l'altra le situazioni sono molto diverse: Medicina e Scienze sono in rosa con il 65 e il 67% di studentesse mentre Ingegneria è un regno prettamente maschile (73%). Meno il divario ad Agraria (65% maschi, 35% femmine) mentre i due sessi giocano pressoché alla pari a Economia (53% maschi, 47% femmine). Sempre dal Bilancio sociale emerge che il 66% degli studenti iscritti è regolare, ossia è iscritto da un numero di anni inferiore o uguale alla durata normale degli studi rispetto all’anno di ingresso in Ateneo e all’anno di corso di prima iscrizione.

L’età media alla laurea è mediamente più bassa di quella italiana: 25,3 anni per UnivPM contro una media italiana di 26 anni e il tasso di occupazione dei laureati UnivPM di tutti i livelli, ad un anno dal conseguimento della laurea, è attorno al 55%, in media nazionale mentre risulta più elevata la percentuale per i laureati magistrali biennali (quasi 80%, contro il dato medio nazionale del 73%). Il tasso di occupazione a 5 anni dalla laurea è pari al 91,9% contro l’86,6% della media nazionale. Le retribuzioni dei laureati UnivPM sono più alte rispetto alla media italiana: arrivano a 1.506 euro netti mensili a fronte dei 1.410 euro della media nazionale. Alla presentazione hanno partecipato anche rappresentanti delle categorie produttive. Francesca Gironi, presidente di Coldiretti Donne Impresa Marche per l'agricoltura, e Roberto Cardinali, vicepresidente della Piccola Industria di Confindustria Marche. «Come imprenditrici - ha detto la Gironi - viviamo aspetti di uguaglianza e disuguaglianza tutti i giorni, soprattutto per quanto riguarda il poter coniugare la famiglia con la professione. Da diversi anni, come Coldiretti, abbiamo previsto nell'ambito dell'agricoltura sociale progetti di agriasilo e agrinido dove le donne possono dire la loro. La stessa Coldiretti, a livello istituzionale, è in controtendenza rispetto all'Italia: nelle Marche i ruoli chiave sono rivestiti da donne come Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche e membro della giunta nazionale, Alba Alessandri, delegata Giovani Impresa, e Giuliana Giacinti alla guida di Terranostra». Per Cardinali è fondamentale «costruire con le università un’industria 4.0, efficientare i processi e recuperare un gap di produttività. Le università possono contribuire a rinnovare il mondo delle imprese trovando spazi di innovazione ini settori maturi incrementando il numero e il valore dei progetti di ricerca applicata, infine è importante rafforzare le partecipazioni delle imprese anche nella didattica per rendere più facile lo scambio di domanda e offerta e il passaggio dal mondo della formazione a quello del lavoro».

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