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Piattaforme a largo di Falconara, Eni potrebbe pagare le tasse al Comune

La recente sentenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto a Pineto (Teramo) il diritto di ottenere il pagamento dei tributi dall'Eni riapre i giochi anche al Castello. Mondaini: «Scenario nuovo»

Un tesoretto che potrebbe arrivare dal mare. Quello, cioè, formato dai tributi (ieri Ici, oggi Imu) derivanti dal nutrito gruppo di piattaforme Eni al largo tra Falconara e Ancona. Una partita iniziata nel 2009, sospesa quasi subito ma che ora potrebbe essere ripresa grazie alla recente sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso del comune di Pineto (Teramo) contro le sentenze delle commissioni tributarie che avevano esentato Eni dal pagamento della tassa. All'epoca Falconara era sull'orlo del dissesto finanziario. Il sindaco Brandoni, alla ricerca di entrate aggiuntive per coprire i debiti fuori bilancio, mise la lente d'ingrandimento sulle strutture a mare: il pontile e le isole artificiali della Raffineria Api e le piattaforme Eni. Ben 11, le Barbare, quelle al largo di Falconara. Più altre davanti ad Ancona e al Conero ma sempre collegate con la centrale Snam di Rocca Priora. Un'area, dati del Ministero delle Sviluppo Economico, di 39.300 metri quadrati per i quali si stimò un pagamento di 700mila euro annui oltre a 3 milioni di arretrati. Con Api si trovò un accordo e gli arretrati finirono nel calderone dell'accordo con il quale Comune e azienda misero una pietra tombale su tutti i ricorsi in piedi.

Tutt'altra storia per Eni. La multinazionale però impugnò subito l'accertamento di Pineto. Il poco tempo a disposizione per chiudere il bilancio, le incertezze legate a un contenzioso lungo e dall'esito per nulla scontato, indussero il Comune a una strategia di attesa. E di dialogo. Gli impianti a terra vennero rivalutati facendo salire il gettito Eni da 5mila a 140mila euro l'anno. «Ora però si può aprire uno scenario nuovo – dice l'assessore al Bilancio, Raimondo Mondaini – non ho letto la sentenza ma sicuramente sarà un conteggio da rifare da zero». La sentenza classifica le piattaforme nella categoria D/7 ma anzichè utilizzare la rendita castale, fissa come parametro per quantificare il tributo il valore di bilancio. Dato che si estrae dalle scritture contabili «e che difficilmente il Comune può fare con i soli dati in suo possesso» aggiunge Mondaini. Nei giorni scorsi – quando però le motivazioni della sentenza non erano ancora pubbliche - il Comune ha incontrato i referenti dell'Agenzia delle Entrate, anche questi in attesa di una valutazione più approfondita, carte alla mano.

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