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Carolina e Andrea uccisi dal bullismo: «Anche per i minorenni ci sono conseguenze penali»

La dirigente della polizia postale delle Marche in una lezione con gli studenti del "Marconi Pieralisi"

«Di bullismo e di cyberbullismo si può morire. Si può morire, perché le conseguenze sulle vittime possono essere depressione, perdita di fiducia e di autostima, sensazione di impotenza, disturbi del sonno, ansia, difficoltà di concentrazione fino a idee di suicidio e autolesionismo». La dirigente del Compartimento Polizia postale delle Marche dottoressa Cinzia Grucci sale in cattedra all’IIS Marconi Pieralisi di Jesi per una lezione molto speciale: in occasione del “Sefer internet day 2020” ha parlato, davanti a una platea di 231 studenti delle classi prime, di temi caldi e drammaticamente in crescita come bullismo, cyberbullismo, nuovi reati connessi a un uso scorretto della rete, di “vamping” la tendenza dei ragazzini tra gli 11 e i 13 anni di navigare su internet durante la notte. Ma ha anche parlato di responsabilità, perché diffondere foto senza consenso, filmati in cui vengono sbeffeggiati i compagni o un professore, mettere in rete foto di compagne svestite sono reati. E anche per i minorenni ci sono conseguenze, specie se dietro quel gioco crudele della condivisione sui gruppi whatsapp o sui social ci possono essere risvolti drammatici per le vittime, come appunto il suicidio.

Carolina e Andrea

«Carolina Picchio aveva 14 anni, si è buttata dal terzo piano della sua abitazione perché dei ragazzi fra i 13 e i 15 anni a una festa l’hanno fatta ubriacare, l’hanno molestata e filmata. Il video è finito in rete, su Facebook. E lei non ha retto alla vergogna – racconta la Grucci – così come Andrea, un 15enne di Roma che tutti ricordiamo per il suo soprannome, “il ragazzo dai pantaloni rosa”, vittima di bullismo e di comportamenti omofobi, anche se non fosse gay. Ma lo avevano etichettato così a scuola. Non ne poteva più di quelle umiliazioni e si è impiccato. Ma casi come questi ce ne sono tanti, nella nostra regione lo scorso anno abbiamo trattato un centinaio di casi di cyberbullismo e di bullismo, che è molto più diffuso quando è al femminile. In tutto il territorio nazionale si registra un sensibile aumento rispetto al 2017 in materia di reati di diffusione di materiale pedopornografico, in lieve aumento la diffamazione. Stazionario il numero di casi trattati per sostituzione di persona, in netta flessione i casi denunciati per atti persecutori. Non si denuncia, per vergogna, per paura. Non si denuncia perché se è un minore a farlo devono esserci i genitori e quando si tratta di reati connessi ai social, i genitori sono i grandi assenti. Non controllano i cellulari dei figli, non sanno nulla della loro vita da internauti. E ai genitori tante cose non si dicono… Noi vogliamo dire ai ragazzi che ci siamo. Un consiglio? Alla famiglia, di valutare i segnali di disagio del ragazzo che magari potrebbero nascondere una sofferenza grave. Ai ragazzi, accettare i propri limiti significa cercare di superarli e avere una vita migliore, abbiamo diritto tutti alla felicità, soprattutto un ragazzo. Non vergognatevi di denunciare e di chiedere aiuto».  

I social network

«I ragazzi usano tanto i telefonini e inconsapevolmente, non hanno la capacità di valutare il danno sulla vittima con i loro comportamenti - spiega la referente legalità, prevenzione e contrasto al bullismo e cyberbullismo professoressa Rita Armati - purtroppo non hanno consapevolezza che certi atteggiamenti sono reati, pensano che internet li renda anonimi. Per questo la nostra formazione è orientata a far capire questo. Abbiamo percorsi di formazione attivi da due anni per la prevenzione e contrasto al cyberbullismo. Stiamo cercando di portare a scuola testimonianze di vittime di cyberbullismo, ma non è facile perché per loro è tornare indietro e rivangare un dolore vissuto negli anni. Il telefonino e i social creano dipendenza - continua - spesso gli studenti li usano anche per navigare durante le lezioni nonostante da regolamento sia vietato». 

Gli studenti

«Ne sapevo poco del cyberbullismo – dice Andrej, studente di prima classe – alcuni miei amici mi hanno raccontato di avere problemi sui social e io ho consigliato di parlarne con i genitori. Adesso capisco quanto è importante denunciare». «E’ grave, bisogna sempre stare attenti – aggiunge Lorenzo – io mi so comportare sui social e so riconoscere chi mi vuole bene da chi mi vuole male, ma non è per tutti così». «Francamente prima di questa lezione sottovalutavo il fenomeno – ammette Francesco – anche perché se mi commentavano una foto scrivendo che sono brutto me ne fregavo, li ignoravo. Non pensavo che qualcuno potesse arrivare a suicidarsi per il dispiacere.. adesso ho un po’ paura, ci starò più attento». 
«L’IIS Marconi Pieralisi - dice il dirigente ingegner Corrado Marri - è attento alla crescita personale e al benessere dei propri studenti e si impegna ad educarli alla creazione di sane relazioni, reali e digitali. La vera rivoluzione culturale è la promozione di una cultura del rispetto, che educhi alla ricchezza delle differenze e all'inclusione».
 

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