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Senigallia, cresce la febbre per i "fabulous fifties": musica al top, occhio agli scivoloni

Continua la settima a senigallese a ritmo di rock, swing, giravolte e piroette in ogni angolo della città: in attesa dell'Hawaian Party, del concerto di Gary U.S.Bonds e della serata Burlesque è il turno dei The Beakset Boogie, di Linda Gail Lewis

Musica al centro, motori sempre accesi, le "recensioni" IN&OUT ancora più "spinte". Ed ecco il nostro anonimo che ricostruisce le ultime due serate del Summer Jamboree così come non le leggerete da nessuna altra parte...Chi non ha assistito alla favolosa performance di Bobby Brooks Wilson, figlio dell’indimenticabile Jackie, peste lo colga. Un’apertura col botto, a suon di Reet Petite, passando per i maggiori successi del padre, e di Sam Cooke. Per la rassegna IN and OUT at The Summer Jamboree, affrontiamo oggi altri argomenti succosi, nonché quello, nostro malgrado in costante o crescente aumento, O-U-T.

IN.
Gli after party alla Rotonda sul Mare. Nonostante lo sforzo organizzativo che rende tutto il festival fruibile anche ai fan di Gigi D’Alessio, resta una zona franca, dove, per accedere, devi pagare il biglietto. Un concetto sconosciuto alla clientela italiana, oramai avvezza alle apericene con live music (leggasi cantante pseudo-gezz con chitarrista off topic, o dj-nonèverochesonoundjmahoilcomputer). Ulteriore limite invalicabile: limited capacity. Ovvero, si entra a numero chiuso. E questo, di per se, rende il concetto di esserci interessante, fossanche non succede assolutamente nulla entro il perimetro del contenitore. Somiglia molto al pre party. Fuori le mandrie, dentro gli addetti, confusi tra ballerini ignari, per lo più. Se avete occhio, scoprirete gemme inestimabili, visibili solo a tarda notte. NB. Si entra dopo mezzanotte e mezzo. Se avete dimenticato la scarpetta, tornate l’indomani.

OUT.
Suspenders/Zeppelin sized polka dots. Le bretelle andrebbero usate con cauzione. Se non siete skinhead e ascoltate bluebeat tutto il giorno, indossando Fred Perry e Dr.Martens, evitate. Sulla T shirt bianca poi, un’offesa al buon gusto, peggio del Briatore a panza all’aria. Altri autorizzati, i settantenni. Altrimenti, accettate solo con bottoni (le clip vietatissime), di sufficiente larghezza, colore intonato, e su pantalone con minimo due pences, largo, e lungo il giusto. Il pois, questo sconosciuto. Ragazze, una notizia; non basta, a farvi diventare Marilyn Monroe. Certo, esistevano negli anni cinquanta. Anche mia madre in una foto del 1936 li indossava. Piccoli santo cielo. Se in una gonna a ruota, comprata alle bancarelle per l’occasione, si contano trentasei pois, non siete anni cinquanta, siete uscite dalle prime puntate di drive in, assieme a Ezio Greggio. Scambiare le epoche tra di loro, è sinonimo di grave pressapochezza. Io eviterei, care.

SUMMER JAMBOREE 2015

Il Jamboree offre, per la prima volta, una rhythm and blue revue in puro stile Alan Freed. Sembrava davvero di essere stati catapultati all ‘Apollo Theatre nel 1956, anche grazie alla presenza, tra i mille attori di questa kermesse, del figlio legittimo di Jackie Wilson, prima cantante afro americano ad entrare nel clan del dj che diede inizio a tutto. Difficile dire chi possa aver trascinato lo show verso la meta più alta. Bobby (Brooks Wilson) ha fatto esplodere la piazza con Reet Petite. Gary Wiggins, all the way from Detroit, Michigan ha sfoggiato note e costumi degni del migliore palcoscenico; Jackson Sloan e Laura B, ampiamente amati e ricambiati dal pubblico italiano hanno fatto urlare la platea, i catalani Velvet Candles calcano finalmente il grande palco del foro, ampiamente meritato. La band, impeccabile. Resta l’unica voce italiana, una Robbie D che ha fatto commuovere tutti, con un I’d rather go blind da brividi. Bobby ha detto al patron della manifestazione, Angelo di Liberto, what a f…ing voice she has, oh my! Un complimento sincero e condiviso da tutto il pubblico del festival. Il clima asciutto ha favorito la fuoriuscita di hipster di varia fattura. Beh, certo, temono il bagnato, per via di quei pantaloni mai alla giusta lunghezza. Quindi, ieri sera per loro, il primo bagno di folla. Nel paese di Mastroianni, e di quel Salvatore Ferragamo che disegnava le scarpe per Audrey Hepburn, ci sono ancora borazzi ancorati ad una moda morta e sepolta. Niente di male, ad inseguire un sogno del passato; ne fanno parte cultura ed etica. Ma perseguire una moda, già illogica nel suo nascere, e defunta da anni, è diabolico. Rassegnatevi, sareste brutti comunque, il travestimento non può peggiorarvi. Si confida nel fatto che gli accoppiamenti riproduttivi non siano comunque il vostro forte. Peccato che roviniate il panorama quanto una scolaresca internet-chattante di fronte ad una mostra di Monet.

IN.
Dancing in the street. Bravi, sette più. Non serve per forza la pista da ballo. Men che meno buttare talco e/o farina sul pavimento. Buttatela per terra a casa vostra, o voi che lo fate; maleducati. Il ballo spontaneo esiste da che esiste l’uomo. Vedervi abbracciati ed abbandonati al ritmo in ogni dove, è un piacere ristoratore per la mente. Facciamolo tutti di più. Rock and roll = libertà. Un postulato inevitabile. Anche se per la maggior parte degli animali umani non ha significato, purtroppo.

OUT.
Cappello da uva/Centrino del tavolo della nonna. Oh, my soul. Sui copricapo ci sarebbe da scrivere libri. Soprattutto, bisognerebbe elevare salate contravvenzioni, altro che autovelox. Esiste un abbondante letteratura classica, ma due errori modernamente lapalissiani ed abusati sono, per gli uomini il cappellino di paglia usato dagli operatori agricoli durante la vendemmia, o cappello da uva, e per le signore, il centrino del tavolo della nonna al posto di una cicca anni trenta. Ne ho viste alcune che per certo, hanno saccheggiato casa materna, pur di indossare l’articolo sbagliato, pensando fosse smart. Fatevi forza; non siamo alla notte rosa. Ingrid Bergman e Humphrey Bogart non vi perdoneranno mai.

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