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Eugenio Finardi presenta il suo Fibrillante Tour: "Torno al rock delle mie origini"

Sono queste le parole che Eugenio Finardi ha rilasciato nella conferenza stampa di presentazione del suo Fibrillante Tour. "Il mio è un disco di lotta, ed io non mi chiamo fuori". Ecco l'intervista al cantautore

ANCONA - Lunedì 4 agosto alla Mole Vanvitelliana torna l'inconfondibile sound di Eugenio Finardi, artista poliedrico, indipendente e guro nel panorama musicale italiano. Il cantautore ha presentato, all'Hotel Fortino Napoleonico di Portonovo, il suo "Fibrillante": disco potente, fatto di suoni "profondi" che vanno dal rock alla poesia. Questa l'intervista.

Allora Finardi, ci parli della sua vita artistica:
"Sono figlio di una cantante lirica, quindi sono nato in un mondo musicale. Ero un bambino romantico, e credo che sia una caratteristica di un po’ tutti i cantautori. Siamo timidi, siamo malinconici. Le mie canzoni sono come un diario, e quelle che hanno avuto più successo sono poi quelle in cui canto questo stato d’animo. Mi viene in mente “Le ragazze di Osaka” in cui dico di sentirmi solo in mezzo alla gente. Vedo tutto, ma non tocco niente. 
Gli stadi mi fanno un po’ paura, credo di essere d’accordo con Paul Simon quando dice che “i concerti migliori sono quelli in cui puoi vedere gli occhi di chi sta in ultima fila”. Bisogna essere come i samurai che sostengono che il sentimento più alto non è la felicità, ma la nostalgia consapevole. Che non vuol dire tristezza, ma essere coscienti che tutte le cose hanno un inizio e una fine. Il senso dello scorrere e il senso dell’equilibrio."

"Fibrillante" è il nome del suo nuovo album. Come è nato?
"Questo è un disco di lotta. E io non mi chiamo fuori, anzi. Mi stupisce però non ci sia un'insurrezione in Italia davanti ai compensi osceni di personaggi come Sergio Marchionne. Il titolo nasce niente meno che da un problema fisico che ho avuto circa un anno fa. Ad un certo punto mi sono trovato nel bel mezzo di una tempesta tiroidea che mi ha portato a soffrire di fibrillazione striale. Ne sono seguiti dei momenti in cui per forza di cose ho frequentato le sale d’aspetto degli ospedali e dei medici. Lì sentivo i discorsi che facevano le persone accanto a me. Parlavano tutti di questa crisi che stava devastando la società, e di questi nuovo medioevo in cui siamo piombati. Il mio chitarrista mi ha aiutato a focalizzare tutto ciò che avevo in mente e che volevo dire. Ed ecco che sono nate le canzoni del disco."

Perche questo ritorno al rock?
"Ho affrontato tante variazioni e ispirazioni nel mio lungo cammino di compositore, musicista, scrittore e artista. Ma questa volta ho deciso di tornare al rock delle mie origini, quello dei primi anni ’70, quando c’era tanta rabbia da voler esprimere e da voler incanalare. L’ho fatto anche grazie alla partecipazione di artisti rock più giovani di me: Manuel Agnelli degli Afterhours. Oppure grazie a degli storici compagni di vita come l'ex PFM Vittorio Cosma e Patrizio Fariselli degli Area. Alla fine degli anni Novanta avevo deciso di smettere con i dischi di cantautorato - spiega Finardi – pensavo fosse ormai inutile continuare a cantare, mi sembrava che la spinta iniziale si fosse esaurita e il ruolo del Finardi mi stava stretto. Mi sentivo prigioniero di un'immagine che io stesso avevo contribuito a creare."

Cosa è cambiato in Italia negli ultimi anni?
"La cultura musicale italiana  è molto peggiorata rispetto ad allora, i talent show sono solo televisione e danno l'idea della pochezza dell'offerta che c'è oggi. La politica? Negli anni Settanta se non altro c'era più varietà, oggi o sei un democristiano di destra o un democristiano di sinistra. Con questo disco però ho voluto soprattutto cantare il nuovo Medioevo in cui siamo sprofondati, una società in cui pochi prìncipi possiedono tutto e i servi della gleba non hanno nulla. Ci sono persone che muoiono di fame e altre che spendono dodicimila euro per una borsetta: è una cosa oscena. Io qualunquista? No, eventualmente Maoista"

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