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Una tavola rotonda per rilanciare l'export italiano: «Expo di Dubai occasione per le Marche»

Sabato al Fortino Napoleonico c’erano diversi imprenditori (e consulenti), anche provenienti da regioni vicine alle Marche

Fare dell’Expo di Dubai del prossimo anno un momento di rilancio per l’export delle Marche, «un’opportunità per i contenuti che verranno offerti, nel segno dell’innovazione e della connettività» come sottolinea Nicola Lener, ambasciatore d’Italia negli Emirati Arabi Uniti. Un immenso mercato b2b, forse il più grande mai progettato, per presentarsi a un mercato che va ben oltre l’area mediorientale, per comprendere anche Africa orientale e Asia meridionale. Un vero e proprio hub, strategico anche dal punto di vista geografico.

Nonostante la pandemia, infatti, la ricchezza rappresentata da gas e petrolio fanno diventare gli EAU un cliente da tenere d’occhio, anche perché importa in modo particolare macchinari e tecnologia (e nelle Marche ce ne sono, ndr.), pur non essendo un paese manifatturiero. «Il Covid-19, insieme al crollo della domanda e del prezzo del petrolio spinge Riyadh e le altre capitali delle monarchie del Golfo ad accelerare su quella modernizzazione - spiega Francesca Papitto, avvocatessa ascolana specializzata in diritto internazionale e commercio con l’estero - fondata su investimenti faraonici, mobilità di persone e merci, grandi eventi, strategie di un branding fatto di attrattività turistica, hub finanziari e infrastrutture iperboliche: certo, le tante vision già pianificate necessitano ora di significative ricalibrazioni, nei contenuti e nei tempi». L’Expo di Dubai diventa dunque strategico proprio per riallacciare un rapporto che, fino agli anni ’80, è stato particolarmente florido per diversi produttori marchigiani, a cominciare da quelli dell’arredamento. «Un’occasione che le Pmi marchigiane non devono perdere – dice convinta Papitto - sia per avviare un’attività di export più solida rispetto al pre-Covid, sia per attrarre nuovi investimenti».

Sabato al Fortino Napoleonico c’erano diversi imprenditori (e consulenti), anche provenienti da regioni vicine alle Marche, per presenziare a quello che è stato in assoluto il primo evento in presenza organizzato dopo il blocco dovuto alla pandemia. Mobili, prodotti del tac (tessile, abbigliamento e calzature), agroalimentare e food (con etichettatura in arabo), farmaceutica, nautica: c’è uno spazio, in crescita già da un paio di anni, che il Covid-19 non ha modificato e c’è anche l’obiettivo dichiarato, sottolineato da Papitto, di «far sì che l’80% del Pil del Paese non arrivi da gas e petrolio, nel segno di una politica di diversificazione che premierà i prodotti italiani, che hanno proprio negli Emirati Arabi Uniti il cliente più importante nell’intera penisola arabica». Senza contare che la popolazione è tra gli acquirenti online più collegati al mondo. E poi c’è il tema turismo, impattato alla grande dal coronavirus, e che va visto in prospettiva di medio-lungo termine: l’aeroporto di Dubai era il primo al mondo per traffico internazionale di passeggeri, la compagnia Etihad conosce fin troppo bene l’Italia, che conserva immutata l’immagine di “Bel Paese” e patria del lusso. La pandemia ha avuto un impatto significativo anche a Dubai e il crollo del prezzo del petrolio è stato solo l’episodio più evidente, ma la Banca Centrale degli Emirati ha investito 65 miliardi di euro per sostenere banche e imprese, anche con prestiti a costo zero. Oggi, secondo un sondaggio di Pwc, società globale di consulenza strategica, il 42% degli intervistati negli Emirati Arabi stima che la normalità all’interno della propria azienda possa arrivare al massimo nel giro di un semestre. Papitto, però, avverte che «si tratta comunque un mercato molto competitivo, sul quale conviene adottare strategie solide, all’insegna di rapporti stabili e duraturi». E non a casa, nella tavola rotonda al Fortino Napoleonico, si è parlato anche di organizzazione del lavoro e giustizia civile in quel Paese. Strategie che passano soprattutto attraverso la funzione della rete diplomatico- consolare italiana. La «casa delle imprese italiane nel mondo – per Lener -, punto di riferimento strutturale per acquisire informazioni e dialogare con i mercati e le istituzioni locali».

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