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Cronaca

I sindacati aderiscono alla Giornata Internazionale contro la Violenza sulle donne

I numeri, insieme a quelle nazionali che vedono 94 donne uccise nei primi nove mesi del 2018, meno (97 casi) riscontrati nello stesso periodo dello scorso anno, di dicono che il fenomeno della violenza sulle donne è ancora molto diffuso

Nel 2017 116 donne si sono rivolte al centro antiviolenza di Ancona. Lo dice il report presentato dall’assessore regionale alle Pari Opportunità, Manuela Bora. Di queste il 75% è costituto da donne italiane, coniugate, mediamente istruite e occupate in modo stabile. Questi numeri, insieme a quelle nazionali che vedono 94 donne uccise nei primi nove mesi del 2018, meno (97 casi) riscontrati nello stesso periodo dello scorso anno, di dicono che il fenomeno della violenza sulle donne è ancora molto diffuso. Per questo le Cgil, Cisl e Uil della provincia di Ancona hanno deciso di aderire alle iniziative legate al 25 Novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sottolineando però che ogni giorno deve essere il 25 novembre. Seppur vero che, secondo i dati della polizia di Stato, sono lievemente calati anche i “reati spia” che possono precedere i femminicidi, come maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali, è anche chiaro che questo fenomeno è ancora troppo diffuso anche perché la violenza ha molti volti. Secondo gli ultimi dati Istat, sono quasi nove milioni le donne che nel corso della vita hanno subito molestie sessuali: gesti, parole, pensieri, individuali e collettivi. Si va dalla violenza sessuale, allo stalking, alle molestie verbali e fisiche, alla denigrazione costante e continua, allo svilimento dei talenti, alla compressione dell’autonomia, al ricatto affettivo ed economico che genera dipendenze, esclusioni, limitazioni della libertà. Ma quante sono le donne che trovano il coraggio di denunciare e affrancarsi da questa spirale di violenza? “Dai dati anconetani – commentano Cgil, Cisl e Uil - risulta evidente che la donna istruita, lavoratrice o in cerca di lavoro, ha maggiori risorse per reagire alla condizione di maltrattamento, chiedere supporto o aiuto, potendo farsi carico anche dei figli, vittime indifese di queste situazioni. Quindi il lavoro risulta un fattore determinante ma in Italia se gli occupati sono 23 milioni, poco più di un terzo è composto da donne (9,7 milioni), e secondo l’ultimo rapporto dello European Trade Union Institute (Etui), il divario occupazionale di genere in Italia tocca quota 18 %. Certo negli ultimi anni la situazione è migliorata, è cresciuta l’occupazione femminile ma c’è il problema dei gap salariale ed è cresciuto anche il part time femminile involontario, di cui l’Italia detiene il record, su 10 lavoratori 6 sono donne. Confermiamo quindi, come Organizzazioni Sindacali, il nostro impegno per il LAVORO, strumento centrale di riscatto e di fuga da una trappola di dolore e umiliazione”. Ben vengano allora gli strumenti normativi a difesa delle vittime: come il congedo lavorativo, la flessibilità oraria e il diritto al trasferimento, per chi lavora nelle pubbliche amministrazioni. Misure importanti ma non ancora sufficienti su cui incombono ancora alcune ombre dettate dai margini di discrezionalità del datore di lavoro e che devono trovare cittadinanza nella contrattazione collettiva di primo e secondo livello. Per questo è necessaria un’azione congiunta di costante presidio della tutela e di attivazione di nuovi strumenti di inclusione che promuovano il valore del lavoro femminile, motore di sviluppo di tutta la comunità, attraverso la contrattazione aziendale e territoriale. A ciò si aggiunge il tema delle molestie, violenze, ricatti e discriminazioni nei luoghi di lavoro che ci chiama in causa come Organizzazioni Sindacali, anche alla luce dei numerosi accordi aziendali e territoriali da noi sottoscritti, in seguito al recepimento dell’Accordo quadro europeo sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro, attraverso i quali vogliamo ribadire il nostro impegno a fare dell´ambiente di lavoro un luogo sicuro e rispettoso della dignità non solo delle lavoratrici e dei lavoratori ma di tutte le persone che vi operano. Un welfare efficace e un sistema integrato di attivazione, protezione e sostegno del lavoro femminile costituiscono il perno di quel percorso di autonomia e libertà che combatte la cultura della violenza. Per eliminare la violenza di genere serve un radicale cambiamento culturale, non è “un problema di donne” e la solidarietà maschile non è sufficiente. Gli uomini dovrebbero interrogarsi e aprire una riflessione individuale e collettiva che conduca ad un’idea radicalmente diversa del rapporto fra i generi fondata sul rispetto, il riconoscimento della pari dignità e titolarità di diritti. Questo implica un percorso critico di dialogo e confronto che proponga un nuovo modo di essere. Serve un impegno attivo e non solo di testimonianza perché il percorso compiuto fino ad oggi dalle donne non basta a cambiare gli schemi e le stereotipie che peraltro resistono con violenza. Serve una assunzione di responsabilità nella volontà di immaginarsi e costruire una realtà migliore da consegnare alle generazioni più giovani.

  

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