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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Senigallia

Tamponi Covid troppo rapidi per fare cassa, a processo due farmacisti

In tre minuti i clienti avevano il risultato quando il tempo minimo previsto era di 15. Esiti non attendibili e beffa sul rilascio dei green pass

SENIGALLIA - Non portavano i conti. Come era possibile che in soli tre minuti i clienti riuscivano a fare il tampone per vedere se erano o meno positivi al Covid e avere il risultato e il green pass stampato? Per una procedura normale il tempo stimato era di almeno 15 minuti. Eppure una farmacia senigalliese ci riusciva. Tutto regolare? Stando alle accuse che hanno portato a processo due farmacisti, i titolari dell’attività, no. I risultati non sarebbero stati attendibili e la velocità solo per fare cassa. Imputati, davanti al giudice Luca Zampetti, un 35enne e un 49enne. Il giudice inizierà a sentire i primi testimoni il prossimo 16 aprile. Le accuse per i due accusati, difesi dagli avvocati Roberta Giuliacci e Giuseppe Casagrande, sono falsità ideologica in certificati, inadempimento di contratti di pubbliche forniture e indebita percezione di erogazioni pubbliche perché avrebbero chiesto rimborsi allo Stato per quasi 16mila euro di tamponi effettuati su una fascia di età minorile in cui la prestazione andava fatta scontata. L’indagine che portò a galla tutto era stata fatta dalla guardia di finanza, tra giugno 2021 e gennaio 2022, denominata “fast pass”. I militari si erano appostati prendendo i tempi dei test e dei rilasci, filmando e fotografando.

Accorciando i tempi di esecuzione si riusciva a fare un numero di test a pagamento di molto superiore alle effettive capacità. Questo, però, sarebbe avvenuto a discapito della genuinità dei risultati dei tamponi che in quel modo non erano in grado di poter certificare con certezza la negatività o meno al Covid-19. Incrociando poi i dati dei tamponi con quelli del sistema del Ministero della Salute, sono state riscontrate molte incongruenze fra i dati inseriti a sistema e quelli invece rilevati dai militari durante le indagini con riferimento agli orari e i tempi della effettiva sottoposizione dei pazienti al test. Nei casi esaminati i prelievi del campione biologico venivano registrati a sistema indicando un orario antecedente a quello effettivo di esecuzione, così da non risultare eccessivamente a ridosso dell’orario di rilascio del relativo Green pass, riuscendo quindi a rispettare, almeno sulla carta, le tempistiche previste dalla normativa per il regolare esame dei tamponi. 

L’accusa di indebita percezione di contributi a carico dello Stato si configurerebbe perché per i tamponi eseguiti ai ragazzi in una età compresa fra i 12 e 18 anni era previsto un prezzo ridotto di 8 euro, rispetto ai 15 euro per le persone adulte, con il rimborso della differenza di prezzo a carico del bilancio pubblico. La Procura quel periodo aveva emesso un decreto di sequestro preventivo d’urgenza (convalidato dal gip), con il quale era stata interdetta l’attività di somministrazione dei tamponi e l’accesso alla relativa piattaforma nazionale di registrazione.

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