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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Richiedenti asilo sfruttati nei campi, smantellata una banda. Tre persone agli arresti domiciliari

Ai braccianti veniva corrisposto un compenso orario di circa 5-6,5 euro l'ora a fronte di un impiego di 10-12 ore e viveno in strutture fatiscenti

MARCHE- Braccianti agricoli extracomunitari sfruttati nei campi, tre pakistani agli arresti domiciliari. L’attività investigativa condotta dai Carabinieri del NIL (Nucleo Ispettorato del Lavoro) di Pesaro- Urbino, in collaborazione con i colleghi dei NIL CC di Ancona e Macerata e dei Comandi Provinciali CC di Ancona e Macerata, si è conclusa con l’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari ed obbligo di dimora nei confronti di 3 cittadini di nazionalità pakistana, residenti nei Comuni di Cupramontana e Cingoli. Proprio a Cupramontana aveva le basi il sodalizio, dedito all’intermediazione illecita di manodopera e allo sfruttamento del lavoro commesso nei confronti di numerosi cittadini extracomunitari. Le indagini hanno preso avvio nel 2021, a seguito della segnalazione partita dai carabinieri della Stazione di Mondavio (PU). I militari impegnati in un posto di controllo alla circolazione stradale, avevano fermato un furgone con a bordo 8 persone, che si stavano recando al lavoro nei campi della zona per svolgere le mansioni di braccianti agricoli.  Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, hanno consentito di rilevare la presenza di un sodalizio composto da dei pakistani finalizzato a monopolizzare il mercato del lavoro, nel settore agricolo, mediante lo sfruttamento di manodopera reclutata a basso costo di richiedenti asilo, anche presso i centri di accoglienza, da fornire ad aziende agricole delle province di Ancona, Macerata e Pesaro-Urbino.

Il sodalizio reclutava immigrati, ne sono stati individuati 40, provenienti dal Pakistan e dal Bangladesh in cerca di lavoro, che vivevano in condizioni di indigenza e vulnerabilità, con estremo bisogno di guadagnare per sopravvivere e mandare denaro alle proprie famiglie rimaste in patria. Persone disperate, disposte a tutto per avere un contratto di lavoro e tentare, quindi, il rinnovo del permesso di soggiorno. Ai braccianti veniva corrisposto un compenso orario di circa 5-6,5 euro l'ora a fronte di un impiego di 10-12 ore, senza rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Inoltre, erano alloggiati in casolari abbandonati, strutture fatiscenti e in pessime condizioni igienico-sanitarie, nelle campagne di Cingoli. Per avere un giaciglio di fortuna erano costretti a corrispondere un canone di locazione pari a 150 euro mensili per lavoratore. Dalle indagini è emerso che la busta paga per i lavoratori dipendenti era formalmente corretta ed in linea con i CCNL applicati, ma tutti i dipendenti, oltre a svolgere un orario di lavoro superiore a quello denunciato e registrato sugli stessi prospetti paga, erano poi costretti a restituire parte della retribuzione corrisposta in base agli accordi presi al momento dell’ingaggio, anche attraverso la minaccia di perdere il lavoro in caso di mancato adempimento alle richieste degli indagati. I carabinieri hanno sequestrato preventivamente anche gli autoveicoli che il sodalizio utilizzava per il trasporto dei lavoratori sfruttati dagli alloggi di fortuna ai campi agricoli.

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