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Cronaca

La mamma del campione Tamberi si racconta: «La mia lotta contro la dislessia»

Sabrina si è laureata, si è sposata e ha avuto i suoi regali più belli: i figli Gianluca e Gianmarco. Guarda i suoi due ragazzi con grande orgoglio ma anche con un pizzico di rammarico

«Sua figlia prende 6, ma potrebbe fare molto di più». Gli insegnanti dicevano sempre così ai genitori ai tempi delle scuole. Ma non era vero. Non poteva fare di più perché era dislessica e non lo sapeva. Nessuno lo sapeva perché nessuno lo aveva capito. E’ stato un calvario vivere con quella sensazione di inadeguatezza. Sentirsi diversi, col dubbio che ci fosse qualcosa di sbagliato in sé, nonostante la voglia e la determinazione di apprendere e studiare. Come tutti. Oggi ha 54 anni ed è insegnante di educazione fisica. In un’intervista esclusiva ad AnconaToday, a pochi giorni dalla settimana della dislessia (dal 4 al 10 ottobre), ha deciso di raccontare la sua difficile convivenza con la dislessia Sabrina Piastrellini, conosciuta anche per essere la mamma di Gianluca e Gianmarco Tamberi, per tutti Gimbo, il campione mondiale indoor di salto in alto. Due figli straordinari per Sabrina, che oggi è quotidianamente impegnata all’interno dell’AID, l’Associazione Italiana Dislessici presente in tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di far crescere la consapevolezza e la sensibilità verso questo disturbo. Perché il dislessico possa essere riconosciuto e aiutato. Perché possa avere i metodi alternativi di apprendimento più congeniali. Perché i ragazzi di oggi non debbano scontare quello che ha sofferto lei.

«La mia difficoltà più grande è stata quella di studiare perché ho bisogno di più tempo per acquisire un concetto - ha raccontato Sabrina Piastrellini - Quindi faticavo a studiare in un modo continuativo perché faticavo a leggere e comprendere subito il senso delle parole. Di conseguenza evitavo di leggere e diventavo pigra. E’ come avere problemi di vista. Si devono mettere gli occhiali per vedere meglio, ma se gli occhiali non ce li hai eviti di leggere. Io non sapevo di essere dislessica e quindi non avevo alcun supporto. E allora rifiutavo quello che era difficile, rifiutavo la lettura e diventavo pigra. Ma ero curiosa e volevo leggere, volevo essere come gli altri». I primi sintomi si manifestarono alle elementari. Anni in cui Sabrina non andava bene, ma riuscì comunque ad arrivare alle scuole medie. Anche lì le difficoltà non mancarono.«Io mi sentivo tanto in difficoltà eppure mi ci mettevo con la testa. Faticavo e più faticavo più la rifiutavo». E allora l’istinto di Sabrina fu quello di avvicinarsi ad una delle compagne di classe più brave e le cose migliorarono, mentre in lei aumentava in Sabrina la consapevolezza di essere portata per il ragionamento perché, forse non era un caso, andava molto bene in geometria. «Ma il dislessico ha anche delle difficoltà spazio temporali quindi mettere dei simboli piccolini in uno spazio come quello dei quadretti in un determinato tempo». E anche la matematica diventava un problema. Le difficoltà sono proseguite alle scuole superiori. Ma la cosa che ha fatto soffrire di più Sabrina in oltre 12 anni di studi, è stato rendersi conto di non farcela da sola e sentirsi sempre più fragili mentre intorno nessuno poteva immaginare che Sabrina avesse un problema cognitivo importante come la dislessia. Anzi c’era chi le dava dell’ignorante, chi la prendeva in giro, chi la faceva sentire diversa. «Se volevo fare qualcosa di nuovo mi dicevano di comprare i libri e studiare. E allora mi ritraevo per paura. Ci sono state troppe persone che hanno affogato i miei istinti facendomi sentire ignorante». Ma Sabrina ignorante non è mai stata. Doveva solo essere compresa e indirizzata con metodi di studio diversi. Era semplicemente dislessica. Diagnosi arrivata quando aveva 35 anni. Una liberazione scoprire con che cosa aveva sempre avuto a che fare, senza mai poterlo guardare in faccia ed affrontarlo. «State attenti se vostro figlio ha difficoltà di attenzione, se ha difficoltà di calcolo o lettura. Ma non per un rifiuto, ma perché fatica. Vorrei dire ai genitori di oggi di avere il coraggio di prendere atto del problema, far capire al proprio figlio che è come avere un problema di vista: bastano un paio di occhiali e può fare tutto. Il genitore deve sostenere l’autostima del figlio ed essere complementare, conoscendo la dislessia e aiutandolo a colmare le sue lacune. Altrimenti subentra un senso di inadeguatezza che ti porti sempre dietro e ti distrugge». 

Sabrina si è laureata, si è sposata e ha avuto i suoi regali più belli: i figli Gianluca e Gianmarco che guarda con orgoglio. Ma anche con un pizzico di rammarico. «Non sono riuscita a stare loro vicino negli studi e dare quello che hanno potuto dare altre madri, ho dato loro poco sotto il profilo scolastico. Perché ero in difficoltà. Però oggi sono certa di aver sopperito trasmettendogli ed insegnando loro un’educazione al rispetto e alla sensibilità umana. Dove non arrivavo con la metodicità sono arrivata con l’empatia e la correttezza». Oggi Sabrina è più serena e si gode davvero il suo impegno lavorativo-sociale e i suoi figli. E si gode i successi di Gianmarco, vero campione di atletica arrivato alla ribalta delle cronache mondiali. E allora, per chi ha le difficoltà di Sabrina Piastrellini, la mamma di Gimbo, cosa si prova a vedere il proprio figlio nelle tv nazionali in cerca di un’impresa sportiva o in qualità di commentatore alle Olimpiadi? «Ho sempre paura che sbagli perché è il terrore con cui ho sempre convissuto io. Anche se so che non ce ne è motivo. E allora spesso evito di guardare. Ma è il mio orgoglio. Per me lui ha già vinto». 

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