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Cronaca

Scava per trent'anni e nasconde 30mila reperti in cantina, denunciato

A tracciare il bilancio complessivo è stato il Maggiore Carmelo Grasso, comandante del nucleo TPC dorico: «Tutte le opere torneranno nei rispettivi territori appena possibile»

Quasi tre milioni di euro in beni d’arte, senza contare le opere messe in sicurezza dalle zone del sisma dal valore soprattutto devozionale. E’ il tesoro recuperato nell’ultimo anno dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Ancona. Una buona fetta di cultura era nascosta nello scantinato di un pensionato jesino. Il sopralluogo dei militari ha portato alla luce 30.000 provenienti da scavi clandestini in varie aree della Vallesina. Erano appoggiati su diversi scaffali e perfino catalogati. Non risultano tentativi di vendita. L’uomo li aveva trafugati in prima persona nell’arco di quasi trent’anni, con il solo obbiettivo di poterli ammirare. Ceramiche, vetri, mosaici, metalli, laterizi, tutti databili tra il XIII a.C. e il IV secolo d.C. L’uomo è stato denunciato, mentre il tesoro è stato sequestrato e potrebbe essere esposto nel museo archeologico in corso di allestimento proprio a Jesi.

A tracciare il bilancio complessivo è stato il Maggiore Carmelo Grasso, comandante del nucleo TPC dorico. La promessa è stata ribadita ancora una volta, forte e chiara: «Tutte le opere torneranno nei rispettivi territori appena possibile» ha detto Grasso. Attività non ancora conclusa, spiega il comandante: «Domani pomeriggio saremo a Muccia per ulteriori messe in sicurezza e stamattina stessa due carabinieri sono impegnati a Cingoli per la stessa cosa». Il valore complessivo delle opere recuperate è dunque ancora in aumento. Non è stata una semplice conferenza stampa quella di stamattina al Comando Provinciale dorico. E’ stata anche una esposizione. Alcuni dei beni salvati dal sisma sono stati infatti mostrati alla stampa al primo piano della caserma della Montagnola. Opere dall’immenso valore, soprattutto devozionale. C’è la pala d’altare di Sant’Omobono, recuperata in una casa d’asta di Genova e proveniente da una chiesa in provincia dell’Aquila, dove è stata rubata nel 1993. E poi gli archivi comunali di parrocchie, comuni confraternite del maceratese, ma anche un tabernacolo riconducibile a Cola dell’Amatrice che fino a pochi mesi fa spuntava dalle macerie di una chiesa di Arquata del Tronto o la statua di San Sebastiano recuperata a Castelfantellino di Ussita. Non solo terremoto. I carabinieri hanno recuperato anche beni sottratti illecitamente da collezionisti e denunciato a piede libero ben 141 persone, di cui 70 per reati in danno del paesaggio come costruzioni o interventi su aree vincolate. Due persone sono state arrestate. Si tratta di un marocchino che rubava in alcune chiese del maceratese e un detenuto ai domiciliari nell’ascolano che, pur non potendo avere rapporti con l’esterno, cercava di vendere un’anfora romana procurata illecitamente. Tra Marche e Abruzzo sono stati recuperati 50.780 reperti archeologici, 7.551 ritrovati paleontologici e sequestrate 8 opere d’arte contemporanea contraffatte. In zona sisma sono stati recuperati 689 dipinti, 668 sculture, 1.929 beni ecclesiastici e 74.359 beni archivistici e librari.

L’unico intervento nell’anconetano riguarda il recupero di alcune opere dalla Collegiata San Pietro di Monte San Vito. La torre campanaria ha subito dei danni dopo il sisma, è stata sgombrata e le opere saranno esposte alla diocesi di Senigallia. Tra queste la pala che rappresenta il martirio di San Vito dietro alla quale si nascondeva un ritrovato di semplice ma efficace ingegneria. Era appeso al muro, ma separato dalla parte da alcune assi di legno. Tra le stesse assi e il muro c’era uno strato di carbonella che ha protetto l’opera dall’umidità.

 

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