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Cronaca Centro storico / Via Giuseppe Birarelli

Via Birarelli, quel portale con mascherone: superstite di un antico nucleo edilizio

E' l'ultima scoperta del giornale "Urlo". Secondo il soprintendente Mario Pagano ci sono tutti i pezzi e dopo il restauro l'intenzione è quella di collocarli sulla murata dell’ex rifugio bellico di Santa Palazia

Un mascherone in pietra calcarea, baffuto e dalla folta chioma, grande naso, sembianze tra l’umanoide e il felino. Tanto che in Soprintendenza alle belle arti e al paesaggio delle Marche c’è chi, a freddo, l’aveva scambiato per una testa di leone. E aveva idee molto vaghe sulla sua originaria provenienza e collocazione. Accanto, i pezzi di una volta e di un portale; a pochi metri, passo dopo passo, altri blocchi dei piedritti dello stesso portale adagiati a terra o tra l’erba. E’ l’ultima scoperta del giornale "Urlo" messa a segno il 21 ottobre scorso, toccata con mano, durante un sopralluogo effettuato insieme alla dott.ssa Raffaella Ciuccarelli e dal geometra Emanuele Mandolini, rispettivamente archeologa e funzionario per le tecnologie della Soprintendenza Archeologia delle Marche (fino a poco tempo fa denominata “ai beni archeologici”), nell’area dell’anfiteatro romano (di competenza di questa Soprintendenza) che si affaccia su via Birarelli, nel pieno centro storico di Ancona. L’espressione del mascherone (pressoché integro) è seducente, ma gli occhi sono tristi. Quasi ad invocarla questa scoperta. Da anni, infatti, quei reperti di grande valore, giacciono dimenticati sul fianco dell’appena ristrutturata chiesa sconsacrata di San Bartolomeo-San Gregorio Armeno. Questa ennesima vicenda - dal probabile esito felice – di importanti tasselli dello sconfinato mosaico della rimossa memoria storica del capoluogo dorico, inizia nell’estate di quest’anno. Quando Massimo Di Matteo, architetto ed esperto della storia locale, segnala la presenza di quel grande faccione scolpito e abbandonato a cielo aperto. In attesa dell’ok da parte della Soprintendenza per la verifica sul campo, inizia la difficile opera per l’identificazione della scultura. Il mascherone è immediatamente a ridosso del lato destro della chiesa, nella zona delle vestigia del bimillenario anfiteatro. Vestigia, fino a 40 anni fa, ancora non venute alla luce, perché quella zona era completamente occupata dal nucleo edilizio sorto nel sito del Convento di San Bartolomeo. Fabbricati via via rimaneggiati e riconvertiti funzionalmente nei secoli ad uso carcerario, anticamente inclusivi  del complesso ecclesiastico (edificio di culto e monastero, appunto) cinquecentesco. Purtroppo il nucleo edilizio dove sorgeva San Bartolomeo è sparito del tutto a seguito delle demolizioni post-sisma effettuate nel 1975. Un’ipotesi si affaccia sempre più forte: il grande mascherone potrebbe essere l’unico “pezzosopravvissuto alle ruspe. Per l’architetto Di Matteo quell’ipotesi è una certezza. E lo è anche per Alfonso Napolitano, pittore e storico dell’arte, anconetano doc pure lui. Perché nella sua pubblicazione “Ancona - viaggio per immagini” (edizione Bagaloni 1985) c’è una foto di via Birarelli (risalente a poco prima della seconda guerra mondiale) sul cui lato destro si affaccia uno dei palazzi dell’agglomerato di strutture architettoniche spazzate quattro decenni fa. Un palazzo, col suo portale con arco a tutto sesto fregiato in alto da un mascherone, secondo Di Matteo risalente alla prima metà dell’800.

E’ un tam tam tra amici e saggisti dorici. Di Matteo e Napolitano segnalano “C’era una voltaAncona - Cartoline e foto d’epoca”, un  libro di immagini storicheok pezzi portale 2-2 del noto fotografo Aldo Forlani (edito da Tipolitografia Brillarelli, 2001). A pag 62 una foto dedicata al solo portale d’ingresso del palazzo in questione, indicato nella didascalia come carcere femminile, scattata in via Birarelli da Forlani nel 1973, due anni prima della sua demolizione. In cima, come chiave di volta, ecco campeggiare il mascherone: è proprio lui, quello che abbiamo accarezzato un mese fa in un angolo tra la chiesa e l’anfiteatro. E lì, come ad aspettarci, ci sono anche gli altri pezzi del portale. «Tutti i pezzi, un reperto completo, importantissimo, che possiamo, dobbiamo restaurare», conferma l’archeologa Ciuccarelli
Già, il restauro. Della scoperta viene informato il dott. Mario Pagano, capo della Soprintendenza archeologia. E’ entusiasta. E assieme alla dott.ssa Ciuccarelli ci dà l’auspicato annuncio: «Il restauro di questo portale, un pezzo unico, ultima testimonianza di ciò che era sorto sul sito del Convento di San Bartolomeno, lo faremo». E poi? «Pensiamo di installarlo in fondo al grigio muro cementizio che a partire dall’area dell’anfiteatro costeggia via Birarelli sul lato sinistro (per chi la percorre in salita verso la vicina sede della citata Soprintendenza, ndr.), ovvero nel punto più vicino a dov’era un tempo». La stessa murata – ricostruita sui resti della precedente, dopo la seconda guerra mondiale – dove si apriva il rifugio bellico del carcere di Santa Palazia, e dove recentemente è stata sostituita la lapide che ricorda gli oltre 700 cittadini che morirono in quel locale colpito dal terribile bombardamento aereo il 1° novembre 1943. Quanto ai tempi per la collocazione del ritrovato portale lungo il muro di via Birarelli «restauro a parte, occorre avere l’ok della dott.ssa Imponente, dirigente del Segretariato regionale ai beni culturali», precisa il dott. Pagano. Insomma, c’è solo la burocrazia a poter impedire la concreta riapertura a fini pubblici di questa poco nota pagina della grande storia di Ancona. 

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